ANCONA – «La vera criticità è la cronicità, per questo è fondamentale lavorare sulla prevenzione, con la pulizia degli invasi e la limitazione della dispersione della rete idrica, che nelle Marche si aggira attorno al 30% circa, oltre che su un uso consapevole dell’acqua» spiega il capo della Protezione civile regionale Stefano Stefoni.
«Con Ato e Prefetture abbiamo concordato un modus operandi uniforme» dice dopo il vertice tenutosi nell’ambito del Comitato paritetico di Protezione civile per fare il punto sulla siccità nelle Marche, nel quale si è deciso per l’invio di una circolare a tutti i comuni delle Marche per limitare l’uso dell’acqua solo ad alcuni scopi.
Un’azione necessaria, anche se secondo Stefoni «serve un piano di interventi strutturale nazionale, altrimenti sarà difficile stare al passo con i cambiamenti climatici», un piano che preveda di potenziare ed efficientare le infrastrutture idriche, dighe e pozzi profondi.
«Abbiamo lavorato a un piano strutturato su tre step di azioni per rimandare più in là possibile nel tempo una situazione di emergenza idrica» fa sapere David Piccinini, dirigente della Direzione Ambiente e Risorse Idriche della Regione Marche, che attualmente ricopre ad interim anche l’incarico di direttore generale Arpam, e che ha lavorato alla circolare da inviare a «tutti i comuni delle Marche, per varare ordinanze volte ad evitare l’utilizzo dell’acqua non connesso al consumo idropotabile, all’approvvigionamento per gli animali e all’impiego per scopi di igiene personale. Si tratta del primo step di interventi previsto».
«La crisi idrica – spiega Piccinini – è stata classificata bassa in quattro province delle Marche: Ancona, Pesaro, Macerata e Fermo, mentre è alta nell’Ascolano, dove la siccità si sovrappone al cambiamento idrogeologico causato dal sisma del 2016 che ha generato uno spostamento delle falde acquifere. La previsione, però, – puntualizza – è quella che la situazione, in assenza di precipitazioni, evolverà in un quadro di transizione veloce verso una crisi media specie nel Pesarese dove c’è un problema di approvvigionamento idrico dagli invasi del Furlo, di San Lazzaro e di Tavernelle».
Piccinini spiega infatti che «attualmente nel Pesarese l’apporto idrico risulta inferiore rispetto al rilascio a valle degli invasi per il minimo deflusso vitale». Una parte dell’acqua accumulata nelle 17 dighe delle Marche viene impiegata per la produzione di energia elettrica e una parte per fini idropotabili, «in questa fase stiamo riducendo la produzione di energia elettrica e il deflusso minimo a valle a favore del prelievo idrico per scopi idropotabili». Insomma, «si lavora di prevenzione».
Nel secondo step di interventi è previsto invece «una limitazione sulle concessioni idriche per scopi non idropotabili, come ad esempio i pozzi privati utilizzati per attività produttive o per l’irrigazione di giardini o per attività agricole. L’obiettivo – spiega – è quello di fare in modo che le falde idriche siano stressate solo per scopi idropotabili. Nel terzo step, che scatterebbe solo in provincia di Pesaro Urbino, abbiamo ipotizzato l’apertura dei pozzi di emergenza, ovvero il pozzo di Sant’Anna e di Burano».
Intanto però gli Egato, enti gestori degli ambiti territoriali ottimali, che agiscono su base provinciale, insieme ai gestori dei servizi idrici integrati «stanno compiendo un grande sforzo, intervenendo con autobotti e sulle reti idriche per limitare le dispersioni». Secondo Piccinini «l’atteggiamento responsabile dei cittadini è fondamentale: siamo un milione e mezzo di persone nelle Marche, se tutti risparmiassimo un litro di acqua al giorno significa risparmiare un milione e mezzo di litri di acqua nelle Marche». Tra le battaglie che la Regione intende portare avanti c’è anche quella della pulizia degli invasi: «Nelle Marche gli invasi sono occupati da 9 milioni di metri cubi di sedimento, occorre trovare un modo condiviso e coraggioso di spostarli e gestire questi detriti. Un tema che intendo portare avanti».