ANCONA – Nelle Marche su 113 km di spiagge 4.375 sono le concessioni del demanio costiero: 910 riguardano gli stabilimenti balneari, 87 i campeggi per un totale di 61,8% di costa occupata. È San Benedetto del Tronto tra i dieci comuni italiani con maggiore occupazione di spiagge in concessione, l’87%. E poi Grottammare esempio di accessibità per tutti con la sua bandiera lilla. A dirlo è il nuovo rapporto Spiagge di Legambiente, che come ogni anno fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere del Belpaese, insieme a Goletta Verde storica campagna dell’associazione ambientalista che monitora la qualità delle acque del mare.
La costa
Legambiente ha messo assieme i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Regioni e Comuni, e analizzato foto aeree per stilare una classifica dei primi dieci Comuni costieri con la maggiore occupazione di spiagge in concessione. Quarta posizione dunque per il Comune di San Benedetto del Tronto, che ha un litorale di 9,3 km, per aver occupato l’87% della costa con 116 stabilimenti balneari.
Sulla costa che unisce Marche ed Abruzzo, tra Grottammare e Francavilla al Mare, si contano un totale di 678 stabilimenti su 80 km di costa. È vero che 25 km sono liberi, ma sono sopravvissuti solo grazie alla presenza delle Riserve Naturali Sentina e Borsacchio.
L’acqua del mare
Oltre la spiaggia, grande attenzione al mare e alla qualità delle sue acque. Infatti non bisogna abbassare la guardia sulla scelta del mare in cui bagnarsi, secondo quanto emerge dai dati 2020 del portale Acque del Ministero della Salute, elaborati da Legambiente. Nelle Marche il 6,4% dei tratti sabbiosi – tra chilometri di costa interdetti alla balneazione e abbandonati, ossia aree in cui ricade la foce di un fiume, di un torrente o di uno scarico e che non vengono campionate – è sottratto alla balneazione per ragioni di inquinamento.
Nello specifico, 3,1km di coste è abbandonato cioè aree in cui ricade la foce di un fiume o di un torrente o di uno scarico che non viene campionato; 3,3 km sono interdetti cioè aree in cui dal sito del portale acque risulta interdetta la balneazione per inquinamento; 4,6km di costa non vengono monitorati cioè aree in cui non è stato eseguito un controllo da parte delle autorità competenti ed in cui non ci sono foci di fiumi, torrenti o canali.
L’erosione
Mentre l’attenzione si concentra su ombrelloni e stabilimenti, a dover preoccupare è la scomparsa delle spiagge per l’aggressione dell’erosione costiera. Nelle Marche il litorale si sviluppa complessivamente per 176 km, di cui 141 di coste basse. Già negli anni Settanta risultavano accentuati i fenomeni di erosione costiera, in diverse zone del litorale, specialmente quelle a più precoce sviluppo economico e turistico balneare e quelle coinvolte dal tracciato costiero della ferrovia, coinvolgendo circa 25-30 km di costa (il 25% circa del totale del litorale sabbioso). Secondo l’Atlante delle Spiagge curato dal CNR nel 1997 i km di erosione erano diventati 57 (oltre il 40% del totale), mentre nel 2006 la rivista “Studi costieri” registrava 78 km di erosione, vale a dire il 54% del totale in regione.
Gli ultimi dati regionali sono riferiti al 2012 e riportano la presenza di 81 km di tratti di litorale in erosione, con una perdita di arenile stimata in circa 540 mila metri quadrati nel periodo 2000-2012, cui vanno aggiunti 1,4 milioni di metri quadrati erosi censiti dal Ministero dell’Ambiente per il periodo 1950-2000.
Al di là delle cifre, è innegabile che il trend erosivo nelle Marche, come nella stragrande maggioranza delle regioni costiere italiane, sia in costante aumento, nonostante la costruzione di barriere e pennelli su oltre 100 km di costa.
Arrivano anche buone notizie dalle spiagge come il costante aumento di amministrazioni e strutture che puntano alla qualità e all’accessibilità per tutti. Ne è esempio il Comune di Grottammare che è il primo costiero della Marche ad aver ottenuto la bandiera lilla che premia i lavori sull’accessibilità per i disabili, realizzati grazie ad un finanziamento regionale per l’adeguamento delle aree demaniali alle necessità di persone con difficoltà motorie con cui sono state realizzate due spiagge libere.
Crescono gli stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità. Tantissimi quelli che hanno scelto di diventare “plastic free”, di investire sul solare, salvaguardare le dune, valorizzare prodotti a km zero, prevedere spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica, utilizzare legno e altri materiali naturali e leggeri per le strutture, consentendo la vista del mare senza barriere e la convivenza tra parti libere e in concessione.
«Le spiagge rappresentano una straordinaria risorsa della nostra regione, sia in chiave ambientale che turistica ma sono anche luoghi fruiti da migliaia di cittadini e turisti per diversi mesi l’anno – commenta Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche -. Bisognerebbe uscire dalle polemiche e lavorare insieme per trovare soluzioni innovative e in grade garantire qualità ambientale e futuro al settore balneare. Per questo la vera sfida che lanciamo alla Regione, ai Comuni costieri e ai balneari è quella di aprire un confronto sul futuro delle spiagge: se entriamo infatti nel merito delle questioni diventa possibile trovare soluzioni di qualità, interesse generale e innovative. L’errore da non commettere – conclude Legambiente – è continuare ad affrontare separatamente questioni che necessitano di politiche integrate e di programmazione degli interventi di recupero, di un turismo sostenibile e accessibile, di regole trasparenti e dell’isolamento per chi non le rispetta».
Le priorità per Legambiente di una Legge di riordino delle spiagge. 1) Garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, fissando limiti alla percentuale data in concessione e una quota prevalente di spiagge libera per ogni Comune, ma anche spingendo verso forme di concessione più leggere; 2) premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, coloro cioè che puntano su una logica ambientale sempre più integrata con il territorio e su imprese locali e familiari capaci di garantire l’occupazione; 3) canoni adeguati con risorse da utilizzare per riqualificare il patrimonio naturale, con una parte degli stessi che rimanga ai Comuni, così come chiesto anche dai balneari; 4) una strategia nazionale per erosione, inquinamento e adattamento al clima, che riguardi tutti gli 8 mila chilometri di coste italiane, la metà dei quali soggetti a erosione, e la garanzia del diritto a un mare pulito, restituendo alla balneazione acque soggette a cattiva depurazione o non più campionate.