ANCONA – «Sono allo studio corsi di formazione in lingua italiana, per favorire l’integrazione, e di potenziale inserimento al lavoro nel settore turistico per i profughi ucraini». Lo spiega l’assessore regionale con delega al Lavoro e alla Protezione Civile Stefano Aguzzi.
«Queste persone al termine del conflitto vorranno rientrare nel loro Paese – spiega -, ma intanto in questa maniera si offre loro l’occasione di sentirsi utili e nel contempo si va incontro alla richiesta di forza lavoro che giunge dal mercato turistico, specie con l’estate alle porte».
Una possibilità, quella dei corsi di formazione per i profughi in età da lavoro, che nel caso in cui il conflitto dovesse protrarsi potrebbe vedere i profughi ucraini essere «impiegati in quei settori, come il turismo, dove gli operatori fanno più fatica a reperire personale come ad esempio gli hotel, i ristoranti e i bar».
Una ipotesi a cui «gli uffici della Regione Marche stanno lavorando» visto oltretutto che «i bambini, giunti con le donne», vengono via via integrati nel sistema scolastico regionale.
Intanto «il flusso dei profughi ucraini nelle Marche cresce, ma più a rilento di quanto potevamo attenderci, e comunque è meno pressante rispetto ad altre regioni italiane», spiega Aguzzi, sottolineando che proprio ieri le Regioni si sono confrontate in call sul tema dell’accoglienza a questi profughi in fuga dalla guerra.
Nelle Marche le presenze sono arrivate «attorno alle 4.800 unità circa» e in tal senso «la richiesta avanzata dalle Regioni al Governo, per fronteggiare questa emergenza, è quella di rendere operativo tempestivamente il sostegno economico previsto per i profughi ucraini, così da alleviare la pressione sulle famiglie che stanno provvedendo all’accoglienza».
La Regione Marche ha raggiunto un’intesa con gli albergatori per l’accoglienza dei profughi presso alcune strutture (una per provincia), una soluzione che tuttavia «può essere adatta solo per un pronto intervento nelle prime fasi dell’emergenza umanitaria, ma poi occorre una sistemazione più strutturale».
Aguzzi spiega che le Regioni temono che «chi ha messo a disposizione un’abitazione momentaneamente libera per ospitare queste persone, con il protrarsi del conflitto, debba rientrarne in possesso» per questo le Regioni chiedono al Governo centrale di stringere accordi con il terzo settore, così da avere a disposizione ulteriori disponibilità di cui disporre per l’accoglienza.