ANCONA – Sono stati venduti per veri ma erano capi di abbigliamento con false griffe. Tra negozianti e grossisti sono finiti a processo in 23 al tribunale di Ancona per ricettazione e introduzione e commercio nello stato italiano di prodotti falsi. E’ l’epilogo dell’operazione “Spider web” della Guardia di finanza di Ancona, iniziata nell’estate del 2019 e proseguita fino a gennaio 2020 quando i baschi verdi arrivarono a denunciare 35 persone e a sequestrare 15mila capi falsamente firmati Gucci, Giorgio Armani, Ralph Lauren, Louis Vuitton, Chanel, Lacoste e di altri noti marchi. I capi di abbigliamento avrebbero fruttato oltre quattro milioni e mezzo di euro. L’attività delle Fiamme Gialle si era sviluppata nelle Marche e in altre regioni d’Italia: Lazio, Emilia Romagna, Sicilia, Toscana, Calabria, Sardegna, Campania, Piemonte, Lombardia, Veneto e Abruzzo. La Procura di Ancona ha chiesto la citazione diretta a giudizio. Per cinque dei 23 imputati si discuteranno gli abbreviati il 29 maggio. Gli altri non hanno fatto richieste di riti alternativi e affronteranno un processo ordinario.
Il punto di partenza
Il punto di partenza era stata una coppia domiciliata a Osimo. Stando alle accuse avrebbero fatto arrivare in Italia i vestiti con marchi contraffatti, acquistati in Turchia e in altri Paesi dell’Est Europa, attraverso dei siti internet specializzati. Per rivenderli ai negozianti, che li hanno poi messi in commercio nei propri punti vendita, si sarebbero serviti sempre di vendite in rete. Proprio controllando siti e piattaforme di vendita i finanzieri hanno captato il giro del falso lusso, presentandosi poi nei negozi a fare verifiche di persona. La contraffazione era sofisticata: gli indumenti avevano nelle etichette anche un Qr code identificativo, ma anch’esso falso, una volta inquadrato inviava ad un sito generico di acquisti e non a quello della casa madre del prodotto. Una maglietta di marca taroccata sarebbe stata venduta anche 350 euro, un pantalone fino a 450 euro. Tutti falsi. Gli altri 21 indagati sono negozianti delle regioni coinvolte. Quattro sono delle Marche: tre donne della provincia di Pesaro Urbino e un uomo della provincia di Ancona.