ANCONA – Marina Minelli è la più famosa royal blogger italiana. «L’unica» – si schernisce lei, e non c’è spocchia nella precisazione giacché il suo blog altezzareale.com, spiega – «è l’unico sito italiano dedicato ai royal». «Oggi in tanti scrivono di principi e principesse, di re e regine perché certi titoli sono formidabili per acchiappare click – dice – ma la mia prospettiva è diversa, ed è quella di divulgare argomenti storici con un linguaggio accessibile a tutti e nella qualità del prodotto».
Al centro della narrazione di Marina, sempre approfondita e godibilissima, sono «i segreti dei reali di ieri e di oggi, i grandi eventi in diretta con i commenti live, la storia dei castelli e dei palazzi». Aneddoti, personaggi, storie reali di ieri e di oggi, con post accuratamente documentati. Il campo d’azione del blog è circoscritto alle dinastie europee ma comunque vastissimo, da Maria Stuart regina di Scozia che perse la testa sotto la scure di un boia assunto dalla cugina Elisabetta Tudor, ad Elisabetta di Baviera amatissima “Principessa Sissi”, dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria alle dinastie degli antichi casati italiani, fino ai re e alle regine di oggi con principi e principesse, dal Belgio alla Spagna al Portogallo e ancora Svezia, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca, Principato di Monaco, Paesi Bassi e – ultimo ma non ultimo – Regno Unito, con l’assoluto protagonismo dell’amata regina Elisabetta («per me, un modello di stile», commenta la blogger), della “principessa triste” Lady Diana, di William-Kate, Harry-Meghan & Co.
Falconarese, laureata in Storia moderna, giornalista tra le più stimate della nostra regione (ha collaborato, tra gli altri, con Sole 24 ore, Messaggero, Focus Storia, Agenzia Ansa, Il Resto del Carlino, Gazzetta di Ancona), Marina Minelli è studiosa di famiglie reali e collezionista di memorabilia sulla regina Elisabetta II che espone in mostre “cult”. Nel gennaio del 2009 ha creato altezzareale.com, un hystory blog tra i più seguito della rete nonché punto di riferimento per appassionati di storie reali. È opinionista e commentatrice su Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, Canale 5 e per la Radio Svizzera in occasione dei maggiori eventi royal degli ultimi anni, e ha scritto numerosi libri tra cui, per Newton Compton, “101 storie di regine e principesse che non ti hanno mai raccontato”, “Le regine e le principesse più malvagie della storia”, “101 storie sulle Marche che non ti hanno mai raccontato”, “Crimini, misteri e storie insolite delle Marche”. Il suo ultimo libro è “Sulle tracce di Lady Diana – 15 itinerari a Londra e dintorni alla ricerca della principessa di Galles”, pubblicato in versione cartaceo e ebook da AltezzaReale.com in collaborazione con Amazon KDP, e che verrà presentato dalla professoressa Mara Ranucci domenica 25 marzo al centro Pergoli di Falconara in piazza Mazzini nell’ambito della rassegna “Marzo Donna” organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune.
Marina, come nasce il blog?
«Dalla mia grande passione per la Storia ma anche dalla mia professione di giornalista. Ho studiato con grandi nomi della storiografia, ma dopo la laurea ho capito che l’insegnamento non faceva per me. Mi interessava, invece, la divulgazione di argomenti storici, così ho cercato un linguaggio accessibile che potesse far amare la materia. Il blog è un mix tra approfondimento, linguaggio giornalistico, argomenti impegnati ed altri frivoli. I post, frutto di un accurato lavoro di documentazione, hanno un taglio giornalistico, ma la scrittura tende a essere emozionale ed empatica per far si che il lettore possa sentirsi coinvolto nelle vicende narrate».
Nel tuo ultimo libro ci porti alla scoperta di Londra e dintorni da una particolare prospettiva, ovvero sulle tracce di Lady Diana. Come è nata l’idea?
«Vado spesso in Inghilterra, per lavoro e per passione, sempre in cerca di luoghi dedicati ai royal o ad essi legati. Ne è nato un file nel mio computer che finalmente ho deciso di mettere a frutto con un nuovo libro in occasione dei 20 anni della scomparsa di Lady D. Lo puoi leggere come una biografia, ma anche come una guida turistica, con idee e consigli su cosa visitare nei dintorni delle mete dedicate a Diana e in più informazioni sui trasporti e tanti indirizzi su dove mangiare e dormire. Spesso i luoghi che una persona ha amato (o detestato) dicono di lei più di tante parole e i ricordi sono ancora lì che aleggiano nelle piazze, nelle strade, nei giardini, nei palazzi. Sia i figli William che Harry, le cui prossime nozze hanno scatenato un grande entusiasmo popolare e l’interesse dei media mondiali, vivono nel complesso residenziale di Kensington Palace dove hanno abitato da bambini con la madre ma pochi conoscono le vicende di questo storico edificio. Una delle mete cult del turismo londinese è la cattedrale di Saint Paul, difficile visitarla senza pensare a quel giorno del luglio 1981 quando tutto sembrava ancora una favola e una giovane sposa saliva la lunga scalinata della chiesa con il vento che le scompigliava il velo. A Clarence House, che all’epoca era la residenza della Queen Mum, Diana passa, in totale solitudine, la notte che precede il fidanzamento e poi la vigilia delle nozze e pochi sanno che da qualche anno questo edificio è aperto al pubblico per circa un mese in estate. Visitare quelle stanze è un’esperienza unica, così come entrare a Buckingham Palace o varcare la soglia del maestoso castello di Windsor che ha fatto da sfondo al fidanzamento di Carlo e Diana e il prossimo 19 maggio accoglierà le nozze del principe Harry con Meghan Markle».
Il libro contiene molti approfondimenti storici ma è anche ricco di notizie meno note sulla vita di Lady D. Davvero era la “principessa triste”?
«C’è la leggenda metropolitana secondo cui Diana sia diventata ‘triste’ per il matrimonio infelice. In verità l’intera sua esistenza è stata contrassegnata da sofferenze. Quartogenita in una famiglia della migliore aristocrazia britannica, e terza figlia femmina con un fratellino morto a poche ore dalla nascita, fu accolta con delusione dai suoi genitori che attendevano con ansia l’erede maschio. Erede che poi nacque – Diana ebbe poi un altro fratello – ma lei fu sempre in qualche modo la ‘terza figlia inutile’, e i suoi primi anni non furono certo felici: visse abbandonata a se stessa, tra tate e nurse, in una famiglia disunita (la madre fuggì con un altro uomo), con un padre freddo ed una nonna materna che in tribunale testimoniò contro la sua stessa figlia. Arrivò poi una matrigna, ed una adolescenza terrificante. Quando conobbe Carlo, principe di Galles ed erede al trono, colse l’occasione per dimostrare a tutti e a se stessa che sarebbe stata il meglio per lui, in una desiderio di felicità che già all’inizio è un fallimento. La sua vita fu ulteriormente complicata da un matrimonio sbagliato, dalla sua ansia di cercare una felicità perfetta, da uno stato di esasperazione terribile. Lo dimostra tutto quello che mise in piedi negli ultimi anni della sua vita, chiusa tragicamente in un incidente stradale al fianco di un un uomo che lei non amava».
Perché ancora oggi il mito di Lady D conquista?
«Perché era bella, infelice e perché è morta giovane. I tre ingredienti magici, come per Marilyn Monroe. Ma l’isteria collettiva generata dalla morte di Diana resta ancora oggi inspiegabile»
La principessa Diana o la regina Elisabetta? Tra le due chi scegli?
«Elisabetta! La ammiro enormemente, è una persona che ha un senso del dovere pazzesco, ancora oggi tiene fede all’impegno che prese a 21 anni quando alla radio disse che si sarebbe dedicata al suo popolo per tutta la vita. Ed è una donna che a 92 anni ancora mantiene quella promessa. È una icona di stile, un simbolo, un personaggio… con il suo completino chanel colorato è capace di stracciare per eleganza la direttrice di Vogue».
Sei anche una collezionista assidua di “royal commemorative potteries” inglesi, ceramiche dedicate in particolare alla regina Elisabetta, e ai regni degli ultimi cinque sovrani inglesi. Oltre 300 tra mug, teiere, tazze e piatti commemorativi, che hai esposto al Munacs di Arezzo e al museo Glauco Lombardi di Parma. Di che si tratta?
«Sono oggetti commemorativi prodotti dalle grandi aziende del famoso distretto inglese delle ceramiche in occasione di eventi legati alla vita pubblica e privata della più longeva monarca britannica. Gli inglesi guardano a questo simbolo vivente della loro storia e delle loro tradizioni con grande stima e un affetto cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni. I memorabilia, o come li chiamano oltremanica, i commemoratives, sono uno degli elementi chiave di questa relazione. Mug e tazze favoriscono la condivisione popolare degli eventi legati alla monarchia perché attraverso di essi i sudditi possono simbolicamente prendere parte a una celebrazione e farla propria attraverso il rito inglese per eccellenza: l’afternoon tea. Nessuna manifattura, dalla più prestigiosa alla più commerciale (per esempio Wedgwood, Spode, Burleigh, Royal Albert, Mason’s, Churchill, Royal Doulton, Aynsley), si è sottratta a questo rito che, se pur in modo più contenuto, continua tuttora: le nozze di William e Kate, il giubileo di Diamante, la nascita dei principini George e Charlotte e i novant’anni di The Queen hanno infatti dato vita ad una nuova ondata di memorabilia davvero incantevoli».