ANCONA – Nella marineria marchigiana «mancano circa 200 lavoratori». A fornire la stima è Francesco Caldaroni, presidente delle Marinerie d’Italia che lancia l’allarme su una professione che rischia via via di scomparire. Se infatti il settore finora riusciva ad andare avanti grazie ai lavoratori stranieri, adesso «tra pensionamenti e personale che non si riesce proprio a trovare, perché la maggior parte di questi lavoratori percepiscono il reddito di cittadinanza, le flotte sono in grande difficoltà» dice Caldaroni.
E il settore è in affanno. Gli ultimi anni per il mondo della pesca sono stati molto travagliati, tra le difficoltà portate dalla pandemia e successivamente dalla crisi e dai rincari di carburante che era più che raddoppiato. Adesso il prezzo del gasolio è sceso e si sta avvicinando a quello precedente all’impennata, quando si pagava intono ai 70 centesimi.
«Da 1,30 euro al litro, il prezzo del gasolio è sceso attorno agli 80 centesimi – dice Apollinare Lazzari presidente dell’associazione produttori pesca di Ancona – le difficoltà che abbiamo in questa fase sono il pescato che comincia a scarseggiare e soprattutto la carenza di personale».
«I giovani non vogliono più fare questo lavoro – prosegue – e noi non riusciamo più a trovare marinai. Faccio un esempio: nel mio caso solo un anno fa eravamo in 8 imbarcati, adesso quando va bene siamo in 5». Un calo motivato dai pensionamenti, spiega Lazzari e dalla disaffezione dei giovani verso questa professione, nonostante «un marinaio non prenda meno di 1.800 euro lordi al mese».
Secondo Lazzari «la vita in mare non attira più e i giovani invece di lavorare a bordo dei pescherecci preferiscono orientarsi verso lavori più tranquilli, come quelli ad esempio a bordo dei rimorchiatori». Un lavoro faticoso che non è più attrattivo neanche per i lavoratori stranieri, introvabili anche questi.
«I tunisini che finora ci hanno permesso di tirare avanti – dice Lazzari – , adesso non sono più disponibili e in molti si stanno rivolgendo ad agenzie per far arrivare marinai dall’Indonesia». Insomma il futuro è incerto per queste attività, per lo più a conduzione familiare.