Il dibattito sull’aborto in questo ultimo mese ha tenuto banco nel territorio regionale. Prima con l’omelia di don Andrea Leonesi a Macerata e successivamente, alcuni giorni fa, con le dichiarazioni dell’assessore regionale Giorgia Latini al Tg3 Marche. Sul tema è intervenuto il presidente regionale e di Macerata dei medici cattolici, il dottor Andrea Corsalini.
«La legge 194/78 è più protesa alla natalità che all’aborto e se venisse applicata integralmente contribuirebbe a pacificare il clima sociale e a difendere realmente il bene della donna e della società – ha detto il dottor Corsalini -. È una legge che va applicata e non superata in direzione esclusivamente pro-aborto; la mentalità che vede nell’aborto un metodo anticoncezionale è contro la stessa legge e va combattuta. La donna non va lasciata sola e una donna che decide tutto in solitudine è più un abbandono che una conquista di civiltà. La nostra società vecchia e a crescita zero ha bisogno di nuove nascite e perciò di sostegno alla maternità non di incentivi all’aborto. L’aborto facile non può essere una finalità da perseguire ma è sempre un sconfitta per una società che non ha saputo proporre alternative migliori».
Il presidente regionale Corsalini ha aggiunto che i medici cattolici, nei dibattiti sollevati recentemente sul tema, hanno deciso di assumere, volutamente, «un basso profilo. In un clima votato all’assalto all’arma bianca non ci sembrava possibile apportare un contributo alla discussione secondo i canoni della ragionevolezza e della competenza tecnica al di là delle differenti posizioni e della loro condivisibilità. Ora il tempo sembra propizio – ha aggiunto il presidente dei medici cattolici della regione Marche – affinché in diritto e in dovere la nostra posizione sia riproposta e ancorché non costituisca certamente una novità, alcune chiarificazioni sembrano opportune e necessarie».
«Innanzitutto la nostra organizzazione a livello nazionale (a Macerata siamo stati precursori) non intende assolutamente mettere in discussione la legge 194/78 ma ne richiama altresì il rispetto in ogni suo articolo dal primo all’ultimo senza operazioni “taglia e cuci” votate a interpretazioni di comodo e troppo spesso dettate da presupposti stragiudiziali del tutto estranei ai fondamenti etici della legge stessa a partire dalla sua titolazione che testualmente recita “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza” – ha continuato il dottor Corsalini -. Dunque il primo principio etico a fondamento della 194 è l’individuazione di un percorso che inserisca la donna all’interno di una dinamica assistenziale non preconcetta e aperta a più e diverse opzioni nel rispetto della legge la qual cosa è espressamente sancita dal previsto servizio dei consultori, servizio troppo spesso disatteso».
«Il secondo fondamento etico non meno importante lo si trova all’art. 1 dove afferma: “l’interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per controllare le nascite”. Il terzo principio che è necessario prendere in considerazione è il diritto espressamente sottolineato dalla 194 all’obiezione di coscienza da parte del medico che ha un fondamento costituzionale ed è presente anche in altre legislazioni europee: l’origine di tale diritto d’altro canto si basa sull’etica medica a sua volta derivante dalla deontologia – prosegue il presidente regionale -. Compito del medico è infatti la ricerca della diagnosi e terapia di ogni malattia e naturalmente la gravidanza non è malattia e l’aborto conseguentemente non è terapia, dunque tale pratica esula dal dovere deontologico e soggiace alla personale ed esclusiva autodeterminazione del medico stesso».
Il dottor Corsalini ha poi aggiunto che «le polemiche che puntualmente si aprono sull’obiezione di coscienza sono troppo spesso speciose e non rispettose della legge e non tengono conto del fatto che sempre più i nuovi obbiettori non provengono dalle fila dei cattolici ma sono medici che, avendo praticato già l’interruzione di gravidanza, hanno assunto tale decisione in maniera completamente estranea all’appartenenza religiosa – spiega -. In sostanza fra le due anime che si sono confrontate nel redigere la legge, quella cattolica che vede la vita come un dono imprescindibile, e quella laica che ne rimarca la soggettività e la scelta personalista, la 194 individua nell’IVG una possibilità ma a determinate condizioni stabilite dal Diritto nel senso compiuto del termine. Tanto è vero ciò che per accedere all’aborto occorre necessariamente un parere medico il quale poi viene ufficializzato e certificato».
«In realtà in mezzo al fracasso della polemica al calor bianco sul tema dell’aborto troppo spesso ci si dimentica che ci sono in gioco due vite e che qualsiasi decisione verrà presa questa avrà comunque delle ripercussioni e che molte donne devono affrontare percorsi impervi e quasi sempre in perfetta solitudine – osserva il presidente dei medici cattolici -. Noi cattolici siamo chiamati a un impegno più concreto e meno ideologizzato organizzando servizi a supporto delle donne e dei nascituri e individuando aiuti e sostegni in via pre-determinata e non affidarci alla casualità e all’estemporaneità senza il raggiungimento di risultati effettivi. Rimarcare la nostra identità culturale è doveroso ma anche insufficiente se non la si accompagna a propositi di solidarietà e autentica vicinanza umana: impegniamoci a non perdere bambini senza perdere di vista le madri».
Il dottor Corsalini ha concluso osservando che «da parte laica si assiste talvolta ad una frenesia dell’aborto “facile” trasformandolo quasi in un finalità da perseguire: ci sentiamo di non condividere nella maniera più assoluta un tale assunto non contemplato dalla legge, anzi espressamente contrastato come abbiamo appurato da questa, e assai lontano anche dalla nostra cultura occidentale laica nel senso più alto e nobile del termine. Una civiltà che fa dell’aborto una finalità da perseguire in un contesto storico a crescita demografica nulla ha già posto il suo futuro dietro le spalle e ha posizionato la speranza nell’avvenire sotto l’incavo plantare – chiosa -. Continuare a considerare l’attesa di un figlio alla stregua di una tragedia, posto che solitudine e povertà sono questioni non congruamente affrontate, porterà la nostra civiltà a proseguire su di un piano inclinato e imprendiscibilmente diretta verso la marginalizzazione storica e l’irrilevanza culturale».