ANCONA- Trovate per la prima volta microplastiche nelle urine umane. La scoperta arriva dal Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche che recentemente ha preso parte ad uno studio condotto con l’Università di Salerno nell’ambito del progetto EcoFoodFertility, prima ricerca al mondo multicentrica di biomonitoraggio umano che sta indagando in diverse aree ad alto rischio ambientale la presenza di diversi contaminanti ambientali e i loro effetti sulla salute umana a partire dal quella riproduttiva.
A coordinare il lavoro del Disva la professoressa Elisabetta Giorgini che si è avvalsa delle competenze della dottoressa Valentina Notarstefano, ricercatrice, per analizzare con una avanzata strumentazione, il Microspettrometro Raman, i campioni di urine. Lo studio scientifico è nato dalla collaborazione tra il gruppo di ricerca coordinato da Oriana Motta del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Salerno, il coordinatore del progetto ‘EcoFoodFertility’, Luigi Montano, uroandrologo dell’Asl di Salerno e presidente della Società italiana della riproduzione umana (Siru) e appunto il Disva dell’Univpm. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale Toxics.
«La professoressa Motta ci ha contattato perché sono diversi anni che studiamo le microplastiche- afferma la professoressa Elisabetta Giorgini-. Nel 2021 le abbiamo trovate nella placenta umana e nel 2022 nel latte materno».
Per la ricerca sulle microplastiche nelle urine sono stati prelevati campioni appartenenti a sei donatori sani, tre uomini e tre donne tra i 16 e i 35 anni, con indici antropometrici nella norma e che vivevano da almeno 5 anni in alcune zone ad alto rischio ambientale del salernitano e dell’area nord di Napoli. Al DISVA il compito di analizzare i campioni di urina con la microspettroscopia Raman.
«Questa tecnica combina la microscopia, che permette di vedere particelle molto piccole, alla spettroscopia, che permette di vedere la radice polimerica delle particelle- spiega Giorgini-. Abbiamo trovato microplastiche nelle urine nel 70% dei campioni. Per ognuno dei sette frammenti individuati abbiamo una fotografia: forma, colore, dimensione e matrici polimeriche. Si tratta principalmente di particelle di polietilene e di polipropilene, plastiche utilizzate normalmente per scopi commerciali, delle dimensioni dai 4 ai 15 micron, cioè millesimi di millimetro».
Dunque, particelle grandi quanto un batterio o un granellino di pulviscolo. Ma come ci sono finiti nelle urine? «Assumiamo le microplastiche con l’acqua, con il cibo– è nota la loro presenza nei pesci come tonno e pesce spada-, con l’assorbimento cutaneo utilizzando certi cosmetici o saponi, oppure le inaliamo perché le microplastiche sono nell’aria. La plastica, se non smaltita correttamente, non si degrada ma si frammenta nell’ambiente in particelle più piccole di 5 micron. È impossibile evitare la contaminazione» riferisce la professoressa Giorgini.
Quali rischi per l’uomo? «La pericolosità di questa sostanza è assodata, può causare danni alla salute. Vorrei però sottolineare che la quantità di micropalstiche che ingeriamo è al di sotto del livello critico e che il nostro organismo è in grado di difendersi espellendole nelle feci e nelle urine. Quella delle microplastiche è una problematica che ci troveremo ad affrontare sempre più».