ANCONA – Il tema della vaccinazione degli ordini professionali continua a tenere banco in Italia. Ad Ancona, ad esempio, l’Ordine degli Avvocati è stato tra i primi ad organizzarsi in concerto con la Regione per organizzare le vaccinazioni autonome dei propri iscritti. L’individuazione della struttura idonea e quella di un soggetto che possa curare logisticamente e praticamente l’operazione è già stata attuata, ciò che manca è la “benzina” in senso stretto. I vaccini, senza tanti giri di parole. L’avvocato Maurizio Miranda, presidente dell’Ordine degli avvocati di Ancona, ha fotografato così la questione spiegando a che punto è la macchina organizzativa.
«Ci troviamo ancora in una fase embrionale ma passi avanti considerevoli ci sono stati. Intanto è stato siglato un protocollo d’intesa per far eseguire le vaccinazioni nei posti di lavoro e non mi sembra un dato di poco conto. La Regione si sta muovendo in questo senso per organizzare dei centri vaccinali specifici al fine di sgravare il servizio sanitario pubblico e proprio per questo c’è stato proposto questo tipo di protocollo. In sostanza dovremo impegnarci a costituire un apposito centro secondo quelle che sono le raccomandazioni ad interim».
Poi una doverosa specifica: «Siamo pronti e abbiamo provveduto a tutti gli impegni preliminari comunicando anche un numero indicativo di soggetti interessati. L’obiettivo di sgravare il servizio sanitario pubblico è ambizioso ed edificante, nessun privilegio ma solo la voglia di poter contribuire a questa situazione al fianco della Regione. Manca solo la benzina, quella rappresentata dai vaccini per cui aspettiamo qualche indicazione più precisa».
C’è anche chi la pensa in altro modo. È il caso dell’avvocato anconetano Milo Sabbatini che spiega chiaramente il suo punto di vista: «Si parla di servizio sanitario pubblico, di nostro contributo ma il problema è un altro. Ci sono categorie come i magistrati, i cancellieri, le forze dell’ordine che sono state vaccinate mentre noi avvocati, che siamo quotidianamente in prima linea ed in presenza, ci troviamo ancora allo status di utente e in attesa di ricevere le dosi. Abbiamo colloqui in carcere e ci troviamo a contatto con soggetti che vengono prioritariamente vaccinati come le guardie penitenziarie. Addirittura i cancellieri, nella maggior parte dei casi, si trovano in smart-working. Dovevamo essere vaccinati anche noi, molto semplicemente. La vaccinazione “privata” diciamo la ritengo difficile, soprattutto per i costi. Il mio ragionamento parte da più indietro».
Sulla stessa linea del collega anche l’avvocatessa Alessia Bartolini: «La nostra categoria è stata messa in secondo piano. Il problema non è tanto una campagna vaccinale in parallelo rispetto ad altro categorie; il problema è stato l’aver vaccinato magistrati, cancellieri, stenotipisti senza considerare prioritari gli avvocati. Non siamo utenti, siamo parte attiva e indispensabile del settore giustizia. Se dobbiamo lavorare in presenza siamo a rischio esattamente come le altre persone con cui ci troviamo spesso a collaborare. Sulla problematica bisogna ragionare a monte, non tanto a valle».