Ancona-Osimo

‘Ndrangheta, i killer di Bruzzese avevano un altro obiettivo

Non c’era il fratello del pentito tra i primi della lista che la cosca calabrese voleva far fuori e ha assassinato nel 2018 a Pesaro. Giovedì le convalide dei fermi

Monica Garulli
La procuratrice distrettuale antimafia Monica Garulli con i Ros e i pm

ANCONA – Avrebbero avuto un altro obiettivo prima di uccidere Marcello Bruzzese, ammazzato nel Natale del 2018 a Pesaro, quelli della cosca calabrese ritenuti gli esecutori dell’omicidio del fratello del pentito Girolamo Biagio. Non c’era lui tra i primi della lista che la giovane ‘ndrina di Rizziconi voleva far fuori per vendicare il tentato omicidio del boss Teodoro Crea. Lo avrebbero appurato le indagini dei carabinieri del Ros coordinate dalla Procure distrettuali antimafia di Ancona e Reggio Calabria.

Nel mirino ci sarebbe stato qualcun altro della famiglia che ormai viveva sotto protezione a Pesaro. A morire però poi era toccato a Bruzzese. Cosa e perché li abbia fatti poi dirottare proprio sul 51enne, ucciso con venti colpi di pistola il 25 dicembre del 2018, a pochi passi dall’abitazione di via Bovio dove era arrivato in auto, è ancora al vaglio degli inquirenti.

Per un anno i tre sottoposti a fermo all’alba di ieri, Francesco Candiloro, 42 anni, e Michelangelo Tripodi, 43 anni (autori materiali del delitto), e il loro complice Rocco Versace, 54 anni, hanno fatto base nel Riminese. Ci andavano sicuramente a dormire per non dare nell’occhio visto che la discrezione era la loro principale prerogativa. Quando si spostavano infatti lo facevano in auto, con le targhe risultate poi clonate. Le vetture utilizzare erano una Fiat 500L e una Fiat Panda, attualmente introvabili.

Entro giovedì intanto sono previste le convalide dei fermi che saranno attuate nelle Procure dove ricadono le carceri in cui sono reclusi: Brescia, Vibo Valentia e Palmi (Reggio Calabria). I tre sono accusati di omicidio premeditato aggravato dall’associazione mafiosa, porto e detenzione illegale di armi.
«Il lavoro dei Ros è stato di una qualità elevata – sottolinea la procuratrice distrettuale antimafia delle Marche Monica Garulli – ora è tutto al vaglio dei giudici. Noi abbiamo coordinato ma i carabinieri hanno speso tempo e sacrifici personali».