ANCONA – Standing ovation ieri sera (25 ottobre) al teatro delle Muse per Nicola Piovani, il compositore premio Oscar che, con lo spettacolo “La musica è pericolosa” ha ripercorso, tra musiche e parole, il cammino artistico che lo ha portato a collaborare tra gli altri con Fellini e De André, Magni e Benigni. Ad accompagnare Piovani, le immagini e soprattutto i disegni che artisti come Luzzatti e Manara hanno realizzato per illustrare le sue creazioni musicali.
Il concerto di Piovani è stato il primo spettacolo del Festival Adriatico Mediterraneo (25-28 ottobre) e, per circa due ore, il Maestro con la sua band e il pubblico sono «piacevolmente non esistiti insieme». Con queste parole il compositore ha salutato gli spettatori, dedicando l’applauso finale a «colui che, un giorno, disse che solo ciò che passa attraverso la televisione è consacrato all’esistenza. Questa sera invece io ho suonato dal vivo davanti a persone in carne ed ossa. Ciò viene da molto lontano e altrettanto lontano giungerà, a prescindere dallo sviluppo dei mezzi tecnologici».
Durante tutta la serata Piovani ha ripetuto più volte «La musica è pericolosa», prendendo in prestito le parole di Federico Fellini. «Il grande regista si riferiva alla propria vulnerabilità nei confronti della musica – ha detto Piovani – e sentiva il bisogno di proteggersi dalla sua forza sconvolgente». Così il primo brano dello spettacolo è stato il tema dell’ ”Intervista” di Fellini, un tema già scritto per un’opera teatrale di Vincenzo Cerami ma che Fellini insistette per averlo nel suo film. «La musica è pericolosa e lo sapevano anche i greci che ci hanno lasciato dei personaggi, come Orfeo e le Sirene», e il Maestro ha suonato un brano dedicato a Partenope e la Danza dei sette veli.
«La musica è pericolosa perché, come le altre forme d’arte, permette di incontrare la bellezza – ha detto il compositore – e le cose belle turbano. Quando le vivi, ti cambiano e non sei più lo stesso, come gli innamoramenti adolescenziali. Nella mia infanzia e adolescenza ho avuto degli incontri musicali che mi hanno turbato. Penso a Chopin, Debussy, ma non solo alla musica classica. Da bambino andavo in vacanza in un paesino del viterbese e amavo il suono lontano della banda musicale che annunciava la festa del Santo Patrono. Proprio le sonorità di questa banda mi tornarono in mente quando dovetti scrivere la sigla d’ingresso in scena per Roberto Benigni. Una delle mie più grandi soddisfazioni è quando mi ritrovai in Piazza Santa Croce a Firenze con Benigni che leggeva Dante. La stessa euforia che scorgevo nei visi dei paesani per la festa del santo patrono, la notai negli occhi del pubblico, impaziente per l’arrivo del santo comico».
Così Piovani ha suonato la celebre marcetta trionfale che sempre introduce il comico e lo spettacolo è proseguito con il brano “Quanto t’ho amato” richiesto sempre da Benigni. Una melodia semplice che parla d’amore, ma alla fine «le parole non contano, conta la musica». Toccante il momento in cui Piovani ha suonato la canzone “Caminito” e la voce di Marcello Mastroianni ha riecheggiato nel teatro. La magia di un altro incontro musicale ha invece dato vita alla sequenza utilizzata nel disco di Fabrizio De André “Storia di un impiegato“. «Fino a 20 anni ho vissuto vicino a un convento di suore – ha raccontato il pianista – e le campane ogni giorno emettevano Mi, Fa, Sol. Queste tre note mi hanno accompagnato per tutta la vita e le ho utilizzate per scandire le fasi della vita dell’impiegato nel disco di De Andrè». Il gran finale è stato invece affidato alle musiche del film “La vita è bella”, con cui Piovani ha vinto l’Oscar nel 1999.