Ancona-Osimo

Ogni anno 6 milioni di tonnellate di abiti in discarica. Gaia Segattini: «Invertiamo la rotta»

«Dobbiamo immaginare un modello d’impresa responsabile in grado di ridurre drasticamente gli sprechi», fa sapere la presidente CNA Federmoda Ancona

Gaia Segattini

Ogni anno nel nostro continente 6 milioni di tonnellate di abiti finiscono in discarica, gran parte dei quali sono il risultato di un fast fashion che divora tutto e non fa arrivare tanti capi alla vendita. Significa che, in media, ogni cittadino butta via 11 kg di vestiti, scarpe e altri prodotti in tessuto. Un dato impressionante, fornito direttamente dalla Commissione Europea.

Il report chiarisce che solo il 38% dei prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE (circa 2,1 milioni di tonnellate di capi di abbigliamento e prodotti per uso domestico) vengono destinati al riciclo o alla vendita sui mercati mondiali. Il restante 62% viene smaltito nei flussi di rifiuti misti. Per questo la Commissione Europea ha stabilito che, entro il 2030, tutti i prodotti tessili immessi sul mercato UE dovranno essere durevoli, riparabili e riciclabili e per gran parte costituiti da fibre riciclate e prive di sostanze pericolose.

« I dati che ci fornisce la Commissione Europea mettono i brividi» – commenta l’imprenditrice marchigiana Gaia Segattini, da poco eletta presidente CNA Federmoda Ancona. «Dobbiamo assolutamente invertire la rotta e immaginare un modello d’impresa responsabile in grado di ridurre drasticamente gli sprechi, salvaguardando materiali ottimi che però finiscono in discarica. In questo senso dobbiamo fare rete e guidare il cliente finale a scelte più razionali e in grado di rispettare l’ambiente».

Gaia Segattini è nata a Genova, ma vive nelle Marche a due passi dal Conero. È una fashion designer e blogger che dal 2007 ha cominciato a scrivere di nuovo di artigianato e creatività indipendente sui portali delle edizioni Condè Nast, ed è considerata un punto di riferimento per la nuova scena artigiana italiana. Ha fondato la Gaia Segattini Knotwear (GSK) recentemente diventata una società benefit in cui si produce con avanzi di filati di giacenza, rigenerati ed ecologici. L’azienda, pur non essendo ancora obbligata per legge, ha diffuso la sua prima relazione d’impatto, che include tutti i dettagli sul reperimento dei materiali, sulla produzione e sulla filiera. Il suo è un modello imprenditoriale volto a ridurre gli sprechi: ogni capo è realizzato con quasi l’80% di materiale di giacenza e rigenerato, “salvato” dalla distruzione. La filiera è cortissima e punta alla promozione del buon fare e del sapere marchigiano: le imprese, i laboratori micro e di piccole dimensioni sono nel raggio di 70 km.

Per approfondire il tema della sostenibilità, anche in ambito produttivo, il consiglio è di seguire il Festival dello sviluppo sostenibile, organizzato dal 4 al 20 ottobre, a Roma e in varie regioni d’Italia (qui tutti gli eventi): un’occasione per aprire una riflessione su un tema che ha bisogno di una maggiore sensibilità non solo da parte dei brand di moda ma anche del pubblico finale, che va guidato verso abitudini di acquisto più responsabili.