ANCONA – È stato rinviato per un legittimo impedimento della difesa il processo a carico di Muhammad Riaz fissato per questa mattina (mercoledì 11 novembre) in Corte d’Assise d’Appello. Il pakistano 46enne è accusato dell’omicidio volontario della figlia Azka. Il delitto avvenne il 24 febbraio 2018 a Trodica di Morrovalle. Per la Procura il padre aggredì la figlia 19enne e la mise sull’asfalto poco prima che un’auto la investisse. L’imputato è stato condannato in primo grado all’ergastolo.
LA VICENDA
L’omicidio avvenne il 24 febbraio del 2018, poche settimane dopo l’efferato delitto di Pamela Mastropietro, a Trodica di Morrovalle. Quella tragica sera pioveva copiosamente, Riaz e la figlia Azka stavano tornando da un centro commerciale di Civitanova dove avevano comprato una valigia, stavano percorrendo la strada provinciale 485 quando arrivati a Trodica di Morrovalle si sono fermati. In auto sarebbe scoppiata una discussione, secondo la ricostruzione della procura: il padre con un colpo avrebbe fratturato la mandibola della figlia per poi adagiarne il corpo sull’asfalto. Azka era ancora viva quando una Ford C Max la investì. Alla guida c’era un 52enne croato che, a causa della pioggia e del buio, non la vide in tempo per cercare di evitarla (versione confermata anche dalla moglie che era in auto con lui, ndr). Il pakistano, difeso dall’avvocato Francesco Laganà, negò sempre di aver ucciso la figlia, disse che avevano litigato, l’auto era andata in panne e lui aveva provato ad aggiustarla mentre la figlia era scesa dall’auto. Una volta riparato il guasto era ripartito, aveva percorso pochi metri e aveva effettuato un’inversione a U, una volta raggiunta la figlia le avrebbe detto di attraversare la strada e di risalire in macchina, ma in quel momento arrivò la C Max.
Prima di quella tragica sera Azka aveva accusato il padre di averla picchiata e violentata e di aver picchiato anche i fratelli e la sorella all’epoca minorenni da circa tre anni, lo aveva raccontato più volte ai carabinieri di Recanati il 17 aprile, il 12 maggio, il 20 giugno e il 31 ottobre 2017. I figli minorenni, dopo quelle rivelazioni, erano stati tolti dall’abitazione di Recanati e posti in una comunità protetta mentre la figlia maggiore, Azka, quando si trovò a dover lasciare l’abitazione, negò di aver subito violenze e rimase a vivere in casa con il padre. Il 28 febbraio 2018 avrebbe dovuto ripetere le stesse accuse davanti al gip del Tribunale di Macerata.