ANCONA – «Non lasciatemi solo». È in carcere a Teramo da martedì e oggi, davanti agli avvocati, Simone Santoleri è crollato a piangere come un bambino. «Tra i due (il riferimento è nei confronti del padre Giuseppe, ndr) è quello che sta peggio – dice l’avvocato Gianluca Reitano, che lo difende insieme all’avvocato Gianluca Carradori – andremo a trovarlo anche domani, non vuole essere lasciato solo». Davanti al gip Roberto Veneziano però ha fatto scena muta nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Anche il padre Giuseppe non ha parlato. Entrambi, accusati di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere (per cui è previsto l’ergastolo) della pittrice Renata Rapposelli, 64 anni (leggi l’articolo), si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Simone condivide la cella con un altro detenuto. Il padre è da solo, sedato dai farmaci, e non ha letto nemmeno l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Ancona Carlo Cimini che li ha portati dritti in carcere. Gli avvocati, Giuseppe è seguito anche dal legale Alessandro Angelozzi, non hanno ancora fatto istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca della custodia cautelare o in alternativa gli arresti domiciliari. Attendono che gli venga notificato il deposito in cancelleria. Un adempimento tecnico. Tra la richiesta e la fissazione poi dell’udienza potrebbe passare anche più di venti giorni. Giuseppe però potrebbe presto lasciare il carcere, per via delle sue condizioni di salute, ritenute dai legali non compatibili con una permanenza in cella, per una casa di cura psichiatrica.
Intanto emergono altri particolari dall’ordinanza che li ha portati in carcere. In una intercettazione del 19 gennaio, quando Giuseppe ha lasciato la casa di cura di Ascoli, dopo aver tentato il finto suicidio – secondo la Procura – per sottrarsi all’interrogatorio del pm Andrea Laurino, padre e figlio parlano dei rilievi sulla Fiat Seicento e Simone sostiene che i carabinieri non hanno trovato il terriccio sotto la vettura. Il padre risponde al figlio giustificando quell’assenza con il fatto che nel luogo dove la pittrice è stata trovata morta «c’era l’erba».