Ancona-Osimo

Omicidio di via Crivelli, Antonio Tagliata condannato a 20 anni anche in appello

La sentenza per il delitto dei coniugi Fabio Giacconi e Roberta Pierini è arrivata poco prima delle 19 di oggi confermando la condanna di primo grado. In aula ha relazionato il medico incaricato dalla Corte di Appello sulla perizia effettuata sul 21enne pluriomicida. «Capace di intendere e di volere», ha stabilito il neuropsichiatra. La difesa, lette le motivazioni, valuterà se ricorrere in Cassazione

Antonio Tagliata
Antonio Tagliata

ANCONA –   Vent’anni di carcere ad Antonio Tagliata per il duplice omicidio di via Crivelli. È quanto ha deciso oggi dalla Corte d’Assise di Appello sul 21enne accusato del duplice omicidio dei coniugi Fabio Giacconi e Roberta Pierini, avvenuto il 7 novembre 2015. La sentenza, arrivata poco prima delle 19, conferma la condanna già inflitta in primo grado dal gup Paola Moscaroli che aveva ritenuto il giovane colpevole di omicidio volontario plurimo premeditato, aggravato dalla parentela delle vittime con la ex fidanzata, allora minorenne, figlia dei coniugi uccisi a colpi di pistola, Fabio Giacconi e Roberta Pierini.

L’avvocato di parte civile, Marco Pacchiarotti, che rappresenta i familiari dei coniugi morti, si era unito alle richieste della procura di non riconoscere a Tagliata le attenuanti generiche invece ravvisate nel giudizio di primo grado. Questo per una pena più dura. La richiesta però è stata respinta.

Durante la discussione in aula, oggi è stato sentito il perito incaricato dalla Corte di Appello, il neuropsichiatra infante Giovanni Battista Camerini. Stando alla sua analisi Tagliata era capace di intendere e di volere quando ha esploso i colpi mortali per i due coniugi. Già la settimana scorsa era trapelato l’esito della perizia medica che indicava che il 21enne era pienamente in sé quando il 7 novembre 2015, uccise con la Beretta calibro 9×21 Giacconi e la moglie Pierini. Il nuovo accertamento ha ribaltato quello precedente stilato dal professore Vittorio Melega, che aveva invece evidenziato nel giovane un disturbo generalizzato dello sviluppo che ne avrebbe in parte compromesso la capacità di intendere e volere. Conclusioni che però in sede di giudizio di primo grado non erano state prese in considerazione dal gup Moscaroli che nel pronunciare la condanna non aveva riconosciuto la seminfermità mentale a Tagliata.

Fuori dall’aula di appello hanno atteso la sentenza sia i familiari dei coniugi uccisi che quelli di Tagliata. Tra loro nessuno sguardo e nessuna parola. L’avvocato del pluriomicida, Manfredo Fiormonti, valuterà il ricorso in Cassazione dopo l’uscita delle motivazioni della sentenza fissate tra 90 giorni. «La seconda perizia – dice il legale – ha comunque riconosciuto che il ragazzo ha una patologia da borderline».

Soddisfatta la parte civile. «Era prevedibile – commenta l’avvocato Pacchiarotti – siamo soddisfatti che è stata confermata la premeditazione e si sia sgomberato ogni dubbio sulla imputabilità di Tagliata come era parzialmente emerso nel processo di primo grado».

Per lo stesso delitto la figlia della coppia uccisa, minorenne all’epoca dei fatti, è già stata condannata a 16 anni dalla Cassazione.

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