ANCONA – La pittrice Renata Rapposelli uccisa dal figlio Simone Santoleri. Lo ha sostenuto l’ex marito Giuseppe che lunedì ha rilasciato dichiarazioni spontanee al pm della Procura di Teramo Enrica Medori.
Giuseppe, che si sarebbe anche confidato con dei compagni di cella che lo avrebbero convinto a parlare, al pm ha riferito di un litigio per soldi scoppiato in casa, quando Renata è arrivata a Giulianova il 9 ottobre dello scorso anno (è stata poi trovata morta il 10 novembre a Tolentino) perché la donna voleva tornare a vivere con l’ex marito visto che aveva problemi economici. La discussione era con il figlio e i due si sarebbero azzuffati. Nella concitazione del momento Simone l’avrebbe afferrata per un braccio e soffocata. Questo avrebbe detto Giuseppe. L’avvocato Alessandro Angelozzi, che difende Santoleri padre: «Si è voluto liberare di un fardello», ha confermato ieri sera su ‘Chi l’ha visto?’.
Intanto l’avvocato Gianluca Carradori, che difendeva l’ex marito della pittrice insieme all’avvocato Angelozzi e (da solo) il figlio Simone, ha lasciato la difesa di Giuseppe. Padre e figlio, accusati in concorso in omicidio volontario e distruzione di cadavere, per i quali è stato chiesto il giudizio immediato nelle settimane scorse, affronteranno il processo davanti alla Corte di Assise, la cui prima udienza è fissata per il 16 gennaio. Due settimane fa sono arrivati gli esiti sul terriccio dell’auto, la Fiat Seicento di Giuseppe che utilizzava il figlio Simone, e sulla biancheria sequestrata in casa dei Santoleri per cercare eventuale dna di Renata. Gli esiti sarebbero stati negativi. Nessun riscontro sul terriccio con quello di Tolentino dove è stato rinvenuto il corpo della donna e nessuna traccia della Rapposelli su lenzuola e coperte.