ANCONA – La chiusura delle palestre, dopo una settimana di “monitoraggio” dettata dall’ultimo Dpcm in vigore fino al 24 novembre, ha lasciato parecchio malcontento sia tra gli addetti ai lavori che tra i frequentatori più o meno abituali. Detto più volte dell’importanza a livello sanitario e di benessere dell’attività fisica, le suddette strutture avevano fatto registrare negli ultimi anni un tasso di crescita del 18% su base triennale risultando anche una delle principali attività economiche del territorio.
Anche, e soprattutto per questo motivo, si è espressa la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa Territoriale di Ancona nella persona del direttore Massimiliano Santini: «Incomprensibile, inaccettabile ed irricevibile il trattamento riservato ad alcune categorie economiche, espressamente palestre, bar e ristoranti e coloro che operano nel campo dello spettacolo, poiché lo stesso primo ministro, che qualche giorno fa con un profilo tollerante aveva esortato al rispetto dei protocolli, si è poco dopo puntualmente smentito impedendone il loro libero esercizio pur in presenza dei protocolli anti-Covid, in forza della presunzione che quell’ambiente o in quell’arco temporale fosse ad alto richiamo contagio da Covid. La Cna si aspetta parte di chi dovrebbe trasmettere pochi messaggi, chiari ed applicabili in un contesto oltremodo complesso e in costante evoluzione, un atteggiamento più serio, coerente e condiviso, perché diversamente faremo fatica a svolgere il nostro lavoro in maniera altrettanto responsabile, dichiarando fin da ora che, alla luce del trattamento riservato al mondo della rappresentanza, sapremo senza dubbio da che parte stare».
Una situazione destabilizzante
Un altro parere importante è stato quello fornito da Claudia Principi della palestra Happiness di Ancona: «È una situazione altamente destabilizzante. Prima ci chiedono l’adeguamento e minacciano controlli, poi ci chiudono senza appello. Nelle nostre attività abbiamo investito oltre 40.000 € per l’adeguamento di tutti i protocolli. E prevediamo un calo del fatturato fino al 40%. La scrupolosità nei nostri luoghi di attività è sempre stata massima, con un lavoro anche di educazione alla clientela sulle norme da osservare». Con tre palestre e circa 60 dipendenti, Happiness ha richieste molto chiare: «Sarebbe opportuno pensare ad un “Bonus Wellness” per la riapertura. Un beneficio economico a chi svolge attività fisica, poiché la nostra attività rappresenta un presidio salutare per le persone e quindi per tutto il sistema sanitario. Chi fa sport sta meglio di altri».
Stefano Falcicchio di Corpus, due palestre sul territorio anconetano, fotografa la situazione attuale spiegando a suo parere cosa sarebbe bastato per evitare la chiusura generalizzata: «Siamo molto dispiaciuti di un contesto che già dalla fase di monitoraggio aveva scoraggiato la gente che normalmente veniva in palestra. Sarebbe bastato un controllo maggiore verso tutti, la legge esiste e va rispettata. A noi hanno fatto addirittura i complimenti sia l’Asl che la Municpale per come abbiamo adempiuto al protocollo e ora ci troviamo a chiudere. Il danno è per noi e per i nostri clienti. Lo sport, la palestra, fa bene e se si chiude tutto si rischia di creare uno stato depressivo». Per il futuro: «Stiamo organizzando corsi online ma la vera preoccupazione sono gli aiuti. Nel primo lockdown abbiamo ricevuto una miseria e stavolta non deve succedere così. Dobbiamo pagare gli affitti e abbiamo perso dei guadagni certi. Il rischio d’impresa ce lo prendiamo ma pretendiamo anche rimborsi straordinari vista la situazione».