Ancona-Osimo

La Pasqua dei profughi ucraini, don Korceba: «Famiglie divise, ma la comunità si dà da fare per rendere tutto meno traumatico»

In vista delle festività pasquali e a 52 giorni dall'invasione militare russa, il sacerdote della comunità ucraina di rito cattolico greco auspica che il bene trionfi sul male

Don Mihajlo Korceba, sacerdote della parrocchia San Paolo Apostolo di Ancona

ANCONA – «C’è poco da essere diplomatici, c’è una guerra che è iniziata per colpa di qualcuno e noi stiamo subendo questa guerra: il desiderio è quello che il bene vinca sul male, e la Pasqua ci dimostra che è una cosa giusta da desiderare e da chiedere, e che si può ottenere». È l’auspicio espresso da don Mihajlo Korceba, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo di Ancona e guida della comunità ucraina di rito cattolico greco nel capoluogo, in vista delle festività pasquali segnate dal conflitto tra Russia e Ucraina.

«Cerchiamo con la nostra partecipazione spirituale e religiosa di rendere forti queste persone, anche quelle che combattono – afferma -. Vogliamo l’assoluta libertà: non c’è un compromesso o una mezza libertà, e per questo siamo disposti a pagare il prezzo necessario ad ottenere una libertà piena e non “diplomatica”».

Una guerra giunta a 52 giorni dall’invasione militare russa, che come ogni conflitto divide le famiglie, separando mogli e figli in fuga dai bombardamenti, dai mariti e dai padri rimasti nel Paese. «Sono famiglie divise, ma che per fortuna hanno anche dei punti di riferimento familiari e di amicizie – spiega -: c’è una comunità un gruppo di persone che si dà da fare e anche noi, che eravamo già qui, cerchiamo di fare qualcosa per rendere tutto meno traumatico».

Il desiderio del sacerdote e «di tutti è quello di tornare (in Ucraina, ndr), di ritrovarsi e di ricostruire», far risorgere il Paese non solo dalle macerie della guerra: «Quando le persone si rincontrano, anche se ci sono le ferite, stando insieme queste guariscono molto più velocemente, così come quando si ha la coscienza a posto per aver fatto il proprio dovere e tutto il possibile davanti a Dio, alla società e ai figli. Immagino – conclude – quanto possa essere orgoglioso un padre o quanto possano essere orgogliosi i figli di un padre che ha fatto il proprio dovere: è una medicina per l’anima».