ANCONA – Ambulatori aperti sei giorni su sette fino alle 20, e apertura domenicale dalle 8 alle 14. È questa la ricetta di Michele Caporossi, il direttore dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, per provare a risolvere il problema delle liste di attesa per visite specialistiche ed esami medici. Con i nuovi orari, che saranno sperimentati già a partire dal primo settembre, la direzione di Torrette cerca di rispondere al bisogno di salute dei cittadini.
Una richiesta di servizi sanitari che in estate si fa ancora più forte, sia per le ferie di camici bianchi e infermieri, sia per l’ondata di turisti che dalle coste si riversano a Torrette, rischiando di mandare in tilt il Pronto Soccorso, già congestionato per il maggior numero di traumi legati agli incidenti stradali.
Un surplus di lavoro per il Pronto Soccorso di Torrette, che essendo l’unico nelle Marche dotato di un Dipartimento di Emergenza e Accettazione di Secondo Livello, vede confluire su di se pazienti provenienti da tutta la regione e anche oltre.
Un bacino di utenza molto vasto, quello servito dal Pronto Soccorso di Torrette, che negli ultimi anni si è ampliato ulteriormente anche in seguito alle chiusure dei punti di Castelfidardo e Loreto. Attualmente infatti, oltre a Torrette, nelle immediate vicinanze sono rimasti solo Jesi e Osimo, che però recentemente è passato all’Inrca. Una situazione che influisce sui temi di attesa per l’accesso alle prestazioni, che necessariamente si allungano.
Abbiamo analizzato la situazione con il direttore dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, Michele Caporossi.
Caporossi, al Pronto Soccorso di Torrette affluisce quotidianamente un bacino di utenza molto vasto, e questo si ripercuote inevitabilmente sui tempi di attesa che spesso sono piuttosto lunghi. Un quadro che in estate si complica ulteriormente per l’aumento di incidenti stradali e per l’arrivo dei turisti che creano un’impennata di accessi e ricoveri. Come vi siete organizzati per fronteggiare quest’onda d’urto?
«Il Pronto Soccorso di Torrette è l’unico della Regione con un Dipartimento di Emergenza e Accettazione di secondo livello, questo significa che tutti i traumi maggiori, traumi gravi e politraumi, confluiscono qui da noi. Malattie tempo-dipendenti, nelle quali occorre intervenire in un lasso di tempo molto breve. Al Pronto Soccorso di Torrette abbiamo circa mille traumi maggiori l’anno. L’eliambulanza trasporta a Torrette pazienti provenienti da tutta la regione e a volte anche da fuori regione. Nel dare la priorità ai codici più gravi, come il rosso che è in imminente pericolo di vita e il giallo che è ugualmente un codice grave, è ovvio che quando c’è un afflusso maggiore di altri codici, come i verdi, questi ne risentano di più e per loro si allunghi l’attesa, perché si tratta di codici per i quali non c’è un imminente rischio di vita del paziente. Chiariamo che prima di tutto rispondiamo a quelle che sono le vere urgenze-emergenze che sono i codici rossi e i codici gialli. I rossi prevedono una presa in carico immediata, mentre i gialli entro trenta minuti, anche se normalmente riusciamo anche in temi molto più rapidi, sia per quanto riguarda gli adulti che per i pediatrici del Salesi. Ne consegue che i verdi alle volte aspettano oltre il limite stabilito delle tre ore, anche se per lo più riusciamo a smaltire entro il lasso di tempo delle tre ore. I motivi sono molteplici, certamente sul territorio ci sono meno punti di erogazione, ma dobbiamo anche dire che c’è la necessità di potenziare, in qualche maniera, tutta la rete dei Pronto Soccorso della Regione. Una questione sulla quale incide il problema della carenza di medici, non per volontà, ma spesso per difficoltà nel reclutarli all’interno delle graduatorie. Poi ci sono anche problemi di organizzazione, che tuttavia sono in corso di soluzione. Sono abbastanza soddisfatto, perché grazie al lavoro enorme che stanno compiendo tutti gli operatori, siamo in grado di dare comunque una risposta di qualità a tutti i pazienti che arrivano. Inoltre abbiamo presentato un progetto che è quello di rendere più snello l’accesso, grazie a nuovi macchinari, come la Tac Revolution, la più potente al mondo, la secondo che abbiamo in azienda e che si trova presso il Pronto Soccorso. Uno strumento in grado di eseguire una tac total body in un secondo. Ma stimo predisponendo anche un raddoppio delle postazioni ecografiche e un nuovo modello organizzativo che permetterà di snellire il percorso di accoglienza in Ospedale. Un modello che sperimenteremo in autunno per arrivare a regime a gennaio dell’anno prossimo. Ce la stiamo veramente mettendo tutta».
Parlando della carenza di medici e infermieri, che in estate si fa più pesante a causa delle ferie, come pensa di risolvere la questione?
«Bisogna considerare che nel pubblico confluiscono tutte le emergenze-urgenze del territorio, mentre la sanità privata in tutta Italia, per lo più, non si prende carico del Pronto Soccorso, ma esegue interventi programmati. Ne deriva che quando poi il loro personale prende le ferie, in qualche maniera, va a pesare maggiormente su di noi, aggravando la situazione. Queste condizioni andrebbero riviste in un’ottica di maggiore snellezza ed elasticità nell’utilizzo del personale. Molto si è fatto in questi anni, basta ricordarsi di qualche tempo fa quando tutte le ferie si concentravano in un unico periodo dell’anno. Oggi per fortuna siamo arrivati ad una ripartizione su tre mesi, grazie anche ad accordi con i sindacati, che sono stati molo collaborativi su questo punto. Tuttavia c’è sempre qualcosa in più da fare. Sicuramente alla nostra attenzione è chiaro il fatto che i cittadini percepiscano questa situazione come una criticità, anche perché spesso la criticità esiste davvero. Il nostro sforzo è proprio nella direzione di fare in modo che si arrivi al più presto a dare delle soluzioni. È chiaro che l’Ospedale non può da solo dare tutte le risposte, perché molte di queste devono essere date sul territorio, attraverso un coinvolgimento pieno e attivo dei medici di medicina generale, di tutte le strutture territoriali, facendo in modo che si arrivi in Ospedale per gravità, quindi solo quando necessario. Uno sforzo che deve essere di rete, un lavoro congiunto tra la nostra Azienda Ospedaliera, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale, l’Inrca e Marche Nord, che sono un’unica realtà. Ci impegniamo continuamente per risolvere i problemi, anche se spesso ci scontriamo con i vincoli che derivano dai contratti di lavoro nazionali e dalle diversità negli accordi in vigore con i medici di medicina generale. In ogni caso i cittadini devono sapere che siamo sempre all’opera per cercare di dare il miglior risultato con le risorse che abbiamo a disposizione».
Le liste d’attesa per le visite specialistiche rappresentano ancora una criticità: per una mammografia si può arrivare ad aspettare anche due anni. Alcuni si rivolgono al privato per accorciare i tempi, mentre altri, che non se lo possono permettere, sono costretti ad andare fuori. Come pensate di intervenire su questo nodo?
«Le liste di attesa sono un grande problema nazionale, forse quello più sentito dai cittadini, a ragione perché effettivamente quando un cittadino riceve una prescrizione da parte del proprio medico e poi telefona al Centro Unico di Prenotazione, vuole avere una risposta che sia nei tempi giusti. Il problema più grande delle liste di attesa non è per le prestazioni urgenti, brevi o differite, che sono prestazioni che vengono fatte entro termini che normalmente sono rispettati. La criticità maggiore è la percezione di ciò che si ha delle prestazioni P, ossia programmate, dove non c’è limite di tempo. Facciamo l’esempio della mammografia: le donne che si trovano nella fascia d’età dai 49 ai 69 anni sono prese in carico dall’Asur attraverso lo screening mammografico che si chiama “Benessere Donna”, lì c’è una prima visita e poi ci sono visite programmate nel tempo, che non sono ravvicinate, ma avvengono per forza in tempi più lunghi, perché non è giusto rifare un esame ad alto contenuto di radiazioni in tempi troppo ravvicinati. Quindi la fascia di età più a rischio è coperta da questo programma. Poi ci sono le richieste extra da parte di molte donne che vogliono fare la mammografia anche se non sono nella fascia target. Questo significa che se la prestazione è programmata ci sono dei tempi che spesso sono molto lunghi. Stiamo esaminando la questione che non è semplice da risolvere perché spesso, dove non c’è la necessità di eseguire un esame, se la persona lo vuole fare lo stesso allora si crea il problema che la domanda è troppo alta rispetto all’offerta. Un problema che interessa tutto il sistema regionale, perché il CUP, non è una struttura dell’Azienda di Torrette, ma appartiene a tutto il servizio sanitario regionale».
Come pensate di intervenire?
«Quello che faremo a Torrette è aumentare al massimo la produzione per tutte le varie prestazioni specialistiche, diagnostiche e ambulatoriali, occupando delle fasce orarie che vanno dalle 7 della mattina fino alle 20 della sera e in alcuni casi anche fino alle 23, anche con programmi incentivanti. Sei giorni alla settimana e la domenica mattina aperti dalle 8 alle 14. Quando avremo saturato tutti gli spazi disponibili, avremo compiuto fino in fondo il nostro dovere. Però occorre ricordare che nell’Ospedale la maggior parte delle prestazioni che dobbiamo eseguire non sono quelle per il territorio e per i cittadini che vengono dal CUP: qui abbiamo delle agende con degli spazi, ma la maggior parte delle prestazioni sono per i pazienti ricoverati e per i pazienti gravi. Questo è un Ospedale che assorbe l’alta specialìzzazione, il secondo livello. Se parliamo di un paziente oncologico che ha un problema di prestazioni ripetute, è chiaro che ha la priorità massima rispetto a tutto il resto, quindi prima di tutto dobbiamo pensare a questo, poi ci sono degli spazi anche per il territorio. È auspicabile che si aumenti anche sul territorio una disponibilità di spazi per prestazioni, sia facendole come pubblico sia acquistandole dai privati, e spesso può convenire acquistare prestazioni dai privati per rientrare in termini di liste di attesa. Questo permetterebbe ad esempio ai cittadini del territorio dell’area urbana di Ancona di avere una risposta più rapida».
Le istituzioni hanno dato indicazioni?
«La Regione ci ha dato come obiettivo quello di stare entro i 180 giorni per le prestazioni programmate. Noi cercheremo di rispettarlo, con questo programma di saturazione della nostra offerta. Un programma che inizieremo a pieno ritmo dal 1 settembre, per fare in modo che ci sia un miglioramento netto e tangibile su questo punto. C’è anche un altro aspetto da considerare: se ci sono il 20-25% di persone che non si presentano agli appuntamenti il problema della lista di attesa è a danno di altri cittadini che stanno dietro nella lista. Prendiamo in prestito quelle che sono le esperienze sugli aerei, con l’overbooking. La Regione da questo punto di vista si è attrezzata in maniera compiuta per arrivare al miglior risultato. Poi come sappiamo in tutte le cose, non c’è una verità rivelata, ma ci sono organizzazioni che vanno sempre migliorate alla luce di quello che effettivamente accade, anche stimolando un atteggiamento positivo e collaborativo da parte dei cittadini. Esiste un altro effetto che va considerato..».
A cosa si riferisce?
«Mi riferisco al fatto che più si aumentano le prestazioni e maggiore è la tendenza all’aumento della domanda. Un effetto aspettativa per il quale i pazienti si rivolgono dove c’è più spazio. Ma Torrette ha anche un altro problema, e cioè che i cittadini preferiscono venire da noi perché ritengono che qui ci siano medici bravi. Su questo punto ci tengo a precisare che nell’ambito delle liste di attesa, al cittadino offriamo nelle agende la prestazione e non il singolo professionista. Se il cittadino vuole scegliere il medico, allora esiste l’altro istituto che è quello della libera professione, l’intramoenia, per la quale si paga all’Azienda un corrispettivo e si ha in cambio il diritto a scegliere quel determinato professionista. C’è un conflitto fra attività istituzionale e libera professione: molti si lamentano che con l’istituzionale si può attendere anche fino a tre mesi e invece con la libera professione l’attesa è magari solo di una settimana: questo è un grosso problema nazionale, che a mio parere non è facile da risolvere, perché se con l’istituzionale c’è un tempo così lungo, questo dipende dalla disponibilità di orari all’interno dei contratti del personale. Quindi sapendo che non c’è una tendenza a poter aumentare il personale a dismisura, bensì c’è un patto di stabilità, che impone dei limiti, è chiaro che questo è un problema per il quale non sarà possibile risolvere fino in fondo la questione da parte nostra, anche se noi ce la mettiamo tutta».