ANCONA – Un pezzo di plastica paragonabile alla parte di un parafango di un’automobile. Lo hanno trovato i carabinieri del Ris, sabato scorso, nel sopralluogo al campo e al fosso dove è stata rinvenuta morta la pittrice Renata Rapposelli. Ora verrà comparato con quello dell’auto dei Santoleri, ancora sotto sequestro della procura dopo il controllo effettuato venerdì dal maggiore dei Ris esperto in botanica e geologia. Il pezzo non era in superficie ma sotto una parte di terreno. Se sia o non sia della Fiat Seicento usata da Giuseppe e Simone lo stabiliranno gli esperti. I carabinieri ritorneranno nel terreno di Tolentino, vicino al fiume Chienti, per un’opera di disboscamento che permetterà una ulteriore verifica di eventuali oggetti presenti nel luogo del ritrovamento del cadavere.
Intanto sul telefonino dell’ex marito, che manca all’appello della procura dorica (i cellulari sequestrati ammontano ad oggi a nove, nella casa di Giulianova, e due nell’abitazione anconetana della pittrice in via della Pescheria) l’avvocato della difesa sottolinea che dovrebbe averlo ancora Giuseppe. «Nessuno glielo ha chiesto – dice Gianluca Carradori – presumo lo abbia ancora lui. La scheda invece la ha la procura». L’uomo doveva essere interrogato dal pm Andrea Laurino, insieme al figlio, due settimane fa, quando poi è stato ricoverato in Rianimazione all’ospedale di Teramo dopo che aveva ingerito diversi medicinali. Ancora la procura non ha fissato un nuovo interrogatorio per Giuseppe che rimane ricoverato in una clinica di Ascoli, dove è stato trasferito dopo essere uscito dalla Rianimazione.
Padre e figlio sono ad oggi gli unici indagati per la morte di Renata, trovata ormai cadavere il 10 novembre, ad un mese dalla sua scomparsa avvenuta il 9 ottobre.