ANCONA – Cresce l’occupazione, ma sale anche il ricorso alla cassa integrazione e di contro scendono i contratti di lavoro stabili a favore di una frammentazione e precarizzazione dei lavoratori. Lo afferma Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, analizzando quei dati diffusi dall’Istat e relativi all’occupazione nelle Marche nel terzo trimestre dell’anno.
A un primo sguardo «verrebbe da tirare un sospiro di sollievo – spiega Barbaresi – e c’è anche chi un po’ troppo frettolosamente lo ha fatto. Certo, i dati indicano una crescita dell’occupazione, sia relativa al lavoro dipendente che di quello autonomo tanto che si sono quasi raggiunti i livelli occupazionali pre-crisi, e questo è certamente un dato positivo. Tuttavia, non altrettanto incoraggianti sono i dati sul ricorso agli ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione che nei primi 11 mesi dell’anno ha visto a quasi 14 milioni di ore autorizzate, notevolmente cresciute rispetto all’anno precedente (+34%), con un’impennata soprattutto nella seconda parte dell’anno. Peraltro, cresce prepotentemente soprattutto la CIG straordinaria, indice di difficoltà strutturali delle imprese».
Prima dell’estate oltre 140 aziende in crisi avevano fatto ricorso ad ammortizzatori sociali o prevedevano licenziamenti e riduzioni di personale, ma nei mesi successivi il trend non è cambiato tanto che si sono aggiunte altre 3 mila aziende artigiane in difficoltà. Tra le vertenze aperte più significative: Aerdorica, Whirpool, Jp Industries di Fabriano, Berloni di Pesaro, Tallarini di S. Ippolito, i calzaturifici Spring-Mario Bruni di Montegranaro e Hobbs d’Inghilterra di Porto S. Giorgio, Manuli di Ascoli Piceno e Itac Lab di Grottammare, mentre continua a destare preoccupazione la vertenza Auchan-Conad per centinaia di persone prima occupate nei punti vendita che sembrano non interessare alla catena della grande distribuzione italiana.
Se questo è lo scenario in termini di nomi e numeri, certo non sembra roseo il panorama sulla qualità del lavoro e i livelli salariali. La precarizzazione dei rapporti di lavoro è ormai imperante con discontinui e a tempo parziale che continuano progressivamente a erodere i rapporti di lavoro stabili, ormai ridotti a circa la metà del periodo pre-crisi economica. Dunque la crescita occupazione rischia di non accompagnare un miglioramento delle condizioni dei lavoratori: secondo la Cgil è «notevolmente peggiorata la qualità dei rapporti di lavoro», mentre crescono prepotentemente il lavoro povero e il numero di ore lavorate a scapito di un compenso che si riduce di fronte a spinte all’esternalizzazione selvaggia e a politiche di ribassi tra appalti e subappalti.
«I lavoratori marchigiani sono troppo precari e hanno retribuzioni troppo basse – conclude Barbaresi della Cgil – per questo è necessario investire innanzitutto nel lavoro di qualità, nelle competenze, a partire da quelle dei più giovani, soprattutto quelle necessarie ad accompagnare le trasformazioni in atto; un lavoro che sia stabile, con diritti, tutele e soprattutto retribuzioni adeguate. Senza lavoro di qualità non c’è futuro ed è questo che auspichiamo per il 2020 alle porte: che si possa costruire una nuova cultura del lavoro che sappia restituire al lavoro valore e dignità».