ANCONA – Con l’acquisizione da parte del gruppo Rainbow, nello scorso luglio, la Poliarte amplia i propri orizzonti di formazione, volgendo il suo sguardo lontano, secondo la visione del nuovo proprietario, il presidente Iginio Straffi. Ne emerge una Poliarte legata alle sue radici, le stesse del suo fondatore Giordano Pierlorenzi, ma pronta a rilanciare la sfida globale nell’era digitale. La rinnovata missione nell’universo del design attraverso le parole del nuovo direttore, l’architetto Michele Capuani.
Direttore, con Rainbow cosa cambia in Poliarte?
«“C’è l’idea di trasformare la Poliarte in una Accademia di respiro internazionale. Siamo qui a lavorare insieme con chi c’era in precedenza e c’è assoluta continuità con il passato. Poliarte è stata una realtà importante a livello regionale che ha avuto un ruolo anche nazionale. Però nell’ambito della formazione universitaria contemporanea ci sono delle dimensioni necessarie per permettere la crescita. La precedente proprietà ha intelligentemente metabolizzato questo stato di cose e ha avviato il processo di cessione che si è fortunatamente concluso con l’acquisizione da parte di un’altra azienda marchigiana».
Rainbow sembra tenere a questa territorialità.
«Si è chiuso un cerchio perfetto. I progetti per il futuro sono quelli di mantenere fortissima l’identità marchigiana. Le Marche, e lo dico da milanese, sono un piccolo paradiso del design, in un territorio limitato esistono aziende straordinarie, in settori merceologici diversi. Studiare nelle Marche è davvero un’opportunità unica. Da parte del presidente Straffi c’è il desiderio di mantenere queste radici ben salde. Semplicemente vogliamo prendere queste qualità e portarle nel mondo».
Straffi parla di grandi sfide nell’epoca digitale. Quali sono?
«Nel settore della formazione, in questi ultimi due anni di pandemia, ci siamo resi conto di come la didattica a distanza non sia più una visione del futuro ma una realtà. Il mondo universitario sta cambiando e deve cambiare. Abbiamo bisogno di una formazione nativa digitale, di cominciare a immaginare la formazione con un rapporto fisico tra docente e discente che ci sarà sempre, ma con un cuore digitale. La nostra idea è quella di avere una formazione in presenza di grande qualità, ma di poter portare la stessa qualità in giro per il mondo attraverso gli strumenti digitali. Per quanto riguarda il resto, Straffi parla di sfide digitali perché nel settore del cinema Rainbow è un player straordinario proprio perché usa la tecnologia in maniera estremamente innovativa e di altissima qualità. Noi dobbiamo fare lo stesso in altri settori: nella moda, nel design di prodotto, in quello di interni, che rappresentano ciò su cui lavoriamo».
Come vincerle, queste sfide?
«Ci vuole una visione strategica, bisogna avere una direzione e saper tenere saldo il timone e poi ci vuole cuore. Nel nostro caso essere marchigiani è quel cuore, andare nel mondo sapendo chi siamo».
Avrete una maggiore vocazione internazionale?
«Assolutamente sì. Poliarte da cinquant’anni è la scuola di riferimento dell’imprenditoria e dell’industria marchigiana. Noi questi valori e queste esperienze vogliamo condividerli. Innanzitutto con altre istituzioni di ricerca nel mondo. E poi vogliamo portare studenti da tutto il mondo qui, per studiare. Sia perché è il nostro business, ovviamente, sia perché vogliamo anche essere un serbatoio di talenti. Portando ad Ancona una selezione dei migliori studenti, cercando di fare crescere il sistema nel suo complesso. Il successo nel mondo del design si ottiene solamente facendo rete e la rete è fatta dalle scuole, gli istituti di ricerca, le aziende e le istituzioni che sul territorio sostengono il design».
Il talento è un patrimonio, sono sempre parole di Straffi: come investirete sul talento?
«Investire sul talento significa innanzitutto essere un’istituzione aperta e solidale. Da noi, oggi ma soprattutto in futuro, dovranno studiare quelli bravi per davvero. Investire sul talento vuole anche dire che serve il confronto: un ragazzo può essere straordinariamente talentuoso ma se non si confronta con il mondo il suo talento non crescerà e non diventerà maturo. Vogliamo fare queste cose: da un lato sostenere chi non può e dall’altro prendere soprattutto quelli bravi e farli confrontare con il mondo».
Con Rainbow quali nuovi orizzonti per gli studenti?
«Il primo grande progetto che nasce insieme a Rainbow consiste in due nuovi corsi di laurea che partono quest’anno. Uno in cinema e video e l’altro in set design, che è un po’ la vecchia scenografica. Sono dei corsi per la prima volta nella storia di Poliarte dentro all’industria del film e dell’entertainment. Nascono, naturalmente, con la tecnologia, le capacità e le esperienze di Rainbow e Colorado Film, e offrono agli studenti innanzitutto delle competenze straordinarie, e poi delle opportunità lavorative ancora più solide, nonostante Poliarte sino a oggi abbia il 98% di studenti occupati a tre mesi».
Poliarte può diventare un riferimento nazionale? Come può riuscirci?
«La Poliarte è una scuola di qualità. Questa qualità si regge su tre pilastri: la qualità della formazione, che deve essere mantenuta, le radici rispetto ai valori e alle competenze del territorio, e la spinta al desiderio di entrare nel mondo e di scambiarsi informazioni. Queste le tre parole chiave per il nostro sviluppo. Certamente che Poliarte può. Deve. Siamo qui per questo».
Altre novità?
«Durante la manifestazione Corto Dorico che si terrà a dicembre alla Mole Vanvitelliana, Poliarte presenterà i nuovi corsi sul cinema. Sposteremo la scuola dentro la Mole proprio perché quell’ambiente ci sembra la location giusta per parlare dei nostri progetti».