ANCONA – «Siamo preoccupati e vorremo capire, da chi si candida a governare la prossima fase della politica regionale, le posizioni all’interno del proprio programma concernenti il mondo delle professioni e, più in generale, le misure che si potrebbero adottare a sostegno del nostro tessuto economico e sociale che si trova in grandissima sofferenza». Così il presidente di Confprofessioni Marche, Gianni Giacobelli, commentando l’organizzazione da parte dell’ente di una serie di incontri con i candidati a governatore delle Marche. Il titolo: “Un nuovo rapporto con forze politiche e istituzioni: le istanze dei professionisti le conseguenze economiche del coronavirus, l’emergenza liquidità”.
Di recente ha partecipato l’onorevole Francesco Acquaroli, candidato della coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI, Pri, NcI, Udc e le civiche Movimento per le Marche e Civici per il territorio).
In particolare, come riferimenti iniziali della discussione, sono stati introdotti due documenti che Confprofessioni Marche sta ponendo all’attenzione di forze politiche, istituzioni e sistema bancario: da una parte, il manifesto-appello che riguarda la crisi di liquidità, per accelerare le pratiche di intervento su sostegno al reddito e finanziamento di professionisti, imprese, e persone fisiche del nostro tessuto economico e produttivo, gravemente danneggiate dall’emergenza coronavirus; dall’altra, il report del sondaggio che riguarda le problematiche economiche e lavorative evidenziate dai professionisti durante la pandemia.
«Il nostro intento è avere un’interlocuzione efficace con il mondo della politica e delle istituzioni – ha affermato il presidente di Confprofessioni Marche Gianni Giacobelli – In particolare in questo periodo, dopo l’appello che abbiamo lanciato sull’emergenza liquidità durante il coronavirus. Per due motivi: il primo, di ordine generale, è la serie di problemi economici irrisolti, specie sulle modalità, in particolare su alcune misure che potenzialmente dovevano garantire un’iniezione di liquidità alle imprese e che invece, nella loro ‘messa a terra’, non hanno portato i risultati sperati. Il secondo, riguarda, più nello specifico, la nostra realtà, con il sondaggio che abbiamo condotto tra 900 professionisti marchigiani e i cui esiti sono chiari: oltre l’80% dei colleghi che hanno risposto ritiene che il sostegno ai professionisti sia stato insufficiente nel periodo di emergenza covid-19; oltre il 65% esprime un simile giudizio negativo per le misure di Cassa integrazione e Fondo di garanzia per le Pmi e oltre il 70% reputa inadeguati gli interventi regionali posti in essere».
«La crisi profonda che sta vivendo la nostra Regione – ha dichiarato l’onorevole Francesco Acquaroli – ritengo sia dovuta alla mancanza di una visione strategica complessiva che leghi il sistema delle industrie e delle Pmi, e di conseguenza, anche dei professionisti. Un sistema che, invece, si sta sgretolando in maniera pesante, con distretti che hanno perso le loro potenzialità, e l’incapacità di raccogliere risorse europee: siamo una regione “in transizione”, qualcuno dice che così prenderemo più fondi, ma io sottolineo che siamo in questa condizione perché non siamo riusciti a utilizzare tutti quelli di cui disponevamo, e questo non è un elemento positivo ma negativo. Occorre una visione che sappia unire in maniera essenziale l’imprenditorialità del nostro territorio cercando, ove possibile, una sinergia tra la piccola e media impresa, tipica della nostra regione, con realtà industriali più grandi e strutturate. Così da creare, da una parte, un sistema che una volta era costituito dalle cosiddette filiere e che riesce a rispondere alla capacità produttiva del territorio; dall’altra, il contributo alle piccole medie imprese dato dal mondo delle professioni, e mi riferisco all’innovazione tecnologica e digitale, all’università e la ricerca, e anche dell’accesso al credito, tutti aspetti che sono da legare alla produzione industriale in modo più efficace. E, senza dover riferirmi, necessariamente, a una regione come il Veneto, vicino a noi abbiamo modelli di successo di questo tipo, com’è il caso dell’Emilia Romagna, che non appartiene certo alla mia parte di provenienza politica, ma che ha una visione che unisce il mondo delle imprese, delle professioni e del credito».
Il settore delle libere professioni diventa cruciale anche per cercare di progettare la ripresa dell’economia, specie in una fase, per così dire, latente, dell’emergenza covid-19. A maggior ragione osservando le peculiari criticità che riguardano le Marche: «Anche se non è la sede più opportuna per parlare, nello specifico, di questo – ha specificato Acquaroli – credo che infrastrutture, servizi sanitari e ricostruzione siano priorità essenziali per la ripresa del nostro territorio».
Il report del sondaggio
La serie di virtual meeting permette di dialogare con gli interlocutori politici, istituzionali e del mondo del credito, per discutere insieme i risultati del sondaggio, a cui hanno risposto 900 professionisti, che riguarda i lavoratori del settore libero professionale e le criticità vissute durante la situazione pandemica del Covid-19. Per i professionisti, infatti, le prospettive sono negative: tra i dati più allarmanti che emergono, l’aspetto dell’emergenza sanitaria che ha più influito sul benessere individuale è “la chiusura o limitazione dei servizi” (37,8%) ma le difficoltà economiche sono un fattore di rilievo (28,3%). Ancora più critica la posizione degli intervistati sulle misure di sostegno economico: una netta maggioranza lo considerano negativamente, con il 42,3% che lo ritiene “molto inadeguato” e il 39,9% “inadeguato”. Giudizio simile in merito all’efficacia degli interventi di integrazione salariale, “inadeguata” per il 43,8% e “molto inadeguata” per il 24,9%, così come in ambito di finanziamenti garantiti dal fondo di garanzia Pmi (“inadeguati” per il 40,8% e “molto inadeguati” per il 24,6%).
Anche a livello regionale, gli interventi per fronteggiare l’emergenza sono giudicati insufficienti, “inadeguati” per il 51,2% e “molto inadeguati” per il 20,1%. Complessivamente, poi, la prospettiva di ripresa della propria attività professionale è “negativa” per il 58,3 % del campione, per quanto ancora un 20,8% la veda invariata, nonostante la crescente incertezza della congiuntura attuale e delle aspettative macroeconomiche future. Più positiva per una ripartenza, invece, è la considerazione delle proprie capacità professionali e di quelle dei propri colleghi e collaboratori per far fronte a queste difficoltà: il personale del proprio studio “è adeguatamente formato ad affrontare le nuove problematiche post emergenza (privacy, accountability, rapporti con i clienti etc..)” secondo il 57,8% degli intervistati, anche se il 27,2% (“forse”) non ne è del tutto sicuro.