ANCONA – Ormai quasi tutte le famiglie italiane possiedono un animale domestico, molti dei quali sono cani. Ma non ovunque è diffusa la cultura dell’educazione cinofila. Se fino a oggi erano poco considerate, sta crescendo il numero di figure che permettono di sviluppare una corretta relazione tra cane e proprietario: sono gli educatori cinofili. Per saperne di più abbiamo intervistato la presidente neo eletta dell’Apnec, l’Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili, Nadia Sampaolesi, anconetana, prima donna a ricoprire questo ruolo.
Lei è la prima donna a presiedere l’Apnec: che effetto le fa e da dove nasce questa passione?
«Sono di Ancona, ho 38 anni e mi sono avvicinata a questo settore sin da bambina grazie a mio padre che mi portava a vedere gare ed esposizioni cinofile. Ormai sono 18 anni che opero in ambito professionale: sono educatrice e rieducatrice esperta del comportamento animale, comportamentalista cinofila, docente in scuole di formazione cinofile nonché addestratrice per cani di utilità, compagnia, agility e sport».
Si è solo in seguito interessata della vita associativa dell’ente?
«Sì, diciamo che ho fatto tutta la gavetta fino a essere presidente Apnec regionale per le Marche e successivamente vicepresidente nazionale nel precedente direttivo. Ora quest’ultimo passo che mi riempie di orgoglio».
Com’è cambiata la professione e la percezione tra le persone che hanno un cane o che si interessano del mondo cinofilo?
«L’attenzione al mondo cinofilo sta crescendo esponenzialmente negli ultimi anni, ormai quasi tutti hanno un cane in casa. Già tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni 2000 si avvertiva l’esigenza di una realtà che ponesse le basi per una seria formazione teorico-pratica in materia. Ecco dunque nascere l’Apnec con i suoi corsi professionalizzanti che supera di fatto quella primissima figura di educatore che veniva considerato una specie di hobby portato avanti da chi aveva un cane. Oggi nelle sole Marche sono un centinaio gli educatori cinofili ed è fortunatamente un numero in crescita».
Chi è l’educatore cinofilo?
«È una figura molto importante: si tratta di un esperto che crea le basi perché la convivenza tra uomo e animale si trasformi in una relazione adeguatamente sviluppata. Solo grazie agli educatori cinofili è possibile introdurre correttamente il cane in ambito urbano, nello sport come l’agility, nella pet therapy o nelle attività di protezione civile».
Perché oggi c’è un gran bisogno di queste figure professionalizzate attraverso corsi specifici?
«Quello del cane, quello animale in genere, è un mondo complesso dove il fattore intellettivo e quello emotivo devono essere sapientemente gestiti, per la prevenzione soprattutto di problematiche comportamentali che possono creare lievi disagi ma anche gravi situazioni se non opportunamente guidate. I nostri esperti vengono formati per avere competenze e conoscenze di varie discipline: dalla zoologia all’etologia, dalla psicologia, all’antropologia e fino alla genetica, dovendosi rapportare quotidianamente con la specie animale nell’interazione con l’umano e viceversa».
Quali sono le situazioni più frequenti che richiedono il vostro intervento?
«Innanzitutto dobbiamo conoscere a fondo il nostro cane: se non sappiamo cosa prova non potremo mai aiutarlo. Noi cerchiamo quindi di agevolare questa conoscenza che il proprietario dovrebbe avere del suo animale e che risolverebbe molte situazioni ormai quotidiane. Per esempio il cane abbaia in condominio o morde altri cani? Magari lo fa per richiedere attenzioni o per competizione. Ci sono poi quelli che hanno paura e abbaiano preventivamente al solo passaggio di un altro animale nei pressi della nostra abitazione e ci sono anche quegli animali che semplicemente sono da generazioni nati e cresciuti come cani da guardia.
Un’altra attività che portiamo avanti, oltre alla conoscenza, è quella di favorire le adozioni consapevoli. Se dobbiamo cambiare l’auto, scegliamo solitamente dopo esserci informati, dopo aver letto riviste specifiche, consultato esperti o vari siti e concessionarie; quando vogliamo un cane, lo scegliamo principalmente per questioni estetiche, di moda o per sentito dire: pochi si informano prima di compiere un passo che cambierà la vita nostra e dell’animale».
Vuole dire che si ragiona poco e si agisce “di pancia”?
«Beh, non tutti ovviamente. In questi ultimi periodi legati alla pandemia le adozioni sono aumentate di molto, soprattutto durante il lockdown, e questo sarebbe un dato positivo, ma molte adozioni sono state fatte rapidamente, senza conoscere né il cane, né le razze, cosa che può portare a grandi difficoltà nella gestione dell’animale perché “pensavo che sarebbe stato facile o diverso…” Per di più, molti non hanno considerato oltre il breve periodo, finendo poi per restituire l’animale. Senza poi contare chi sceglie il tipo di cane da adottare solo perché è lo stesso che possiede quell’influencer o quel vip».
Una problematica molto sentita è quella della difficile convivenza con chi non ha un cane.
«Sì, molte persone scelgono il cane senza considerare che dovranno poi introdurlo in un’abitazione o in un condominio. Dando per scontato che chi lascia che il cane abbai per ore, chi lo lascia libero e chi non raccoglie le deiezioni sta commettendo un illecito, possiamo aggiungere che certamente alla base c’è una mancanza di rispetto verso le altre persone, che può portare poi a contrasti o anche episodi di violenza. L’educazione del cane passa attraverso l’educazione del proprietario».
Quale scenario futuro?
«L’attenzione verso questo settore è cresciuta parecchio. Le adesioni di partecipazione ai corsi professionali sono incrementate tantissimo negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, così come le richieste crescenti di informazioni da parte dei clienti che necessitano inevitabilmente sempre più competenze e professionalità. Se le varie associazioni animaliste avessero all’interno un educatore professionista, se famiglie e istituzioni si rivolgessero agli esperti per prevenire e non solo risolvere le problematiche, per lo meno quelle più comuni, probabilmente avremmo tutti una maggiore consapevolezza del rapporto uomo-cane, strumenti per gestire le criticità comportamentali e qualche soluzione. Ci sarebbe sicuramente molto più rispetto per l’animale e per le altre persone che ci circondano, magari evitando quegli episodi di violenza, come le polpette avvelenate, che riempiono le nostre cronache».