ANCONA – Nel focus presentato nei giorni scorsi da Legambiente Marche sul tema della bioeconomia delle foreste (in concomitanza con l’approfondimento nazionale di giovedì 19 novembre), si sono messi in risalto vari aspetti strettamente collegati all’argomento principale. Con la presidentessa di Legambiente Marche Francesca Pulcini, già intervenuta precedentemente, abbiamo avuto l’occasione di approfondire i concetti di prevenzione, biodiversità e bioeconomia circolare delle foreste, raccogliendo risultati molto interessanti per comprendere l’importanza del fenomeno in questione.
Una gestione forestale corretta rappresenta uno strumento correttivo o di prevenzione?
«Gestire correttamente il nostro patrimonio forestale è indubbiamente l’azione principe per prevenire i rischi legati alla fragilità idrogeologica del nostro Paese, alla violenza dei fenomeni ventosi e al rischio incendi. Parliamo di un enorme patrimonio troppo spesso abbandonato e che va gestito e manutenuto proprio per evitare che possa trasformarsi in problema invece che essere una risorsa. Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi, in occasione del forum dedicato alle foreste, un decalogo di dieci punti sul patrimonio forestale italiano che prevede tra le azioni chiave quella di avere ecosistemi sani e foreste resilienti per frenare gli effetti del climate change, creare nuove aree protette che, in coerenza con la Strategia Europea per la Biodiversità, devono crescere fino al 30% entro il 2030, realizzare una rete nazionale delle foreste vetuste e primarie e i Santuari della biodiversità, prevenire e ridurre i rischi naturali per le foreste».
Con l’avvento della pandemia e la possibilità delle “sole” passeggiate, il flusso nei “siti ambientali di riferimento” marchigiani è aumentato. Ha causato dei danni secondo lei?
«Durante questi difficili mesi di quarantena e restrizioni, e di massima attenzione sulla qualità della vita, è cresciuta moltissimo l’attenzione dei cittadini al contesto in cui si vive e all’importanza di un ambiente in equilibrio e in salute. Questo ha portato moltissimi cittadini a ricongiungersi con la natura e a volersi mescolare con lei ma non sempre con la necessaria consapevolezza; questo ci fa capire quanto sia importante continuare a lavorare sull’informazione e sull’educazione ambientale per creare una comunità più matura e in grado di frequentare questi luoghi nel massimo rispetto degli equilibri naturali per la conservazione e tutela della biodiversità».
L’Europa ha intenzione di attuare un programma pratico per tutelare la biodiversità?
«All’Europa si deve molto per la tutela dell’ambiente, basti pensare alle infrazioni europee di cui abbiamo sentito parlare qualche settimana fa proprio per la procedura d’infrazione aperta nei confronti dell’Italia per non aver ancora adottato formalmente il programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico e non averlo comunicato alla Commissione. Insieme alla qualità dell’aria, vengono osservati, con relative procedure di infrazioni, la qualità delle acque, la gestione dei rifiuti e la conservazione della biodiversità. Su questo ultimo fronte molto ha fatto la Rete Natura 2000 che tiene insieme i siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS), creata dall’Unione Europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell’Unione europea. I siti appartenenti alla Rete Natura 2000 sono considerati di grande valore in quanto habitat naturali, in virtù di eccezionali esemplari di fauna e flora ospitati. Le zone protette sono istituite nel quadro della cosiddetta “Direttiva Habitat”, che comprende anche le zone designate nell’ambito della cosiddetta “Direttiva Uccelli”».
Ci spiega cosa s’intende per bioeconomia circolare delle foreste? Ci sono associazioni o enti che si sono segnalati particolarmente in positivo nelle Marche in opere di tutela ambientale in tal senso?
«Per Legambiente, con bioeconomia circolare delle foreste vogliamo tenere insieme e conservare la biodiversità, che è dunque una delle prime condizioni per aiutare a ridurre le emissioni di gas serra e a rendere gli ecosistemi più resilienti e capaci di proteggersi da soli. Ma è anche una grande opportunità di investimento e di creazione di nuovi lavori per una economia verde, se pensiamo che solo in Europa circa il 17% dei posti di lavoro attuali è più o meno direttamente collegato alle risorse ecosistemiche e quindi alla loro efficienza biologica. Le foreste sono preziosi alleati per contrastare la crisi climatica e offrono alla collettività servizi ecosistemici di valore straordinario; la filiera italiana della trasformazione è già leader nel mondo per qualità dei manufatti e originalità del design, rappresentando un settore che ha ben compreso le necessità di uno sviluppo nel segno della sostenibilità e della tracciabilità, in grado di contemperare le esigenze di conservazione con quelle di valorizzazione. Ma, alla luce delle sfide in atto e dei ritardi accumulati nel nostro Paese, dove negli ultimi 50 anni è mancata una visione strategica finalizzata a migliorare il paesaggio e la qualità del bosco, crediamo opportuno che il settore forestale italiano debba imboccare la strada della gestione forestale sostenibile e responsabile senza perdere altro tempo approvando al più presto la Strategia Forestale Nazionale. Per questo vanno ripensati pianificazione, soprattutto nelle aree naturalistiche e di pregio, criteri di tutela in un’ottica multifunzionale e utilizzo dei prodotti forestali a cascata soprattutto per la filiera legno-energia. Si deve inoltre puntare a valorizzare e riconoscere economicamente l’impegno degli operatori e delle comunità locali che con le loro attività garantiscono una buona gestione delle foreste e l’erogazione dei servizi ecosistemici. Durante il forum nazionale sulle foreste, sono state premiate le esperienze virtuose di comunità forestali sostenibili ma purtroppo nessuna esperienza proviene dalle Marche».