ANCONA – Tremila iscritti all’Unione Nazionale Consumatori, dipendenti e clienti di Banca Marche, si costituiranno parte civile nel processo che vede indagati 16 tra ex amministratori, manager e sindaci revisori BdM presso il Tribunale di Ancona. Lo fa sapere l’Associazione Dipendiamo Banca Marche, dalle cui fila provengono circa 1200 persone che hanno visto azzerare il valore delle loro azioni con la risoluzione dell’istituto di credito (ora fuso in Ubi); altri 1500 iscritti provengono dall’Associazione Azionisti Privati della Banca delle Marche S.p.a., con sede a Jesi. A rappresentarli è l’avvocato Corrado Canafoglia, che ne presenterà le istanze domani, 7 novembre, nell’udienza preliminare del procedimento che vede contestati, a vario titolo, reati dalla bancarotta fraudolenta e documentale, al falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.
Per i clienti azionisti verrà richiesto un danno patrimoniale pari a quanto speso per l’acquisto delle azioni ed un danno morale pari al 30% del danno patrimoniale. Per i dipendenti, oltre a quello per l’acquisto delle azioni, verrà richiesto un ulteriore danno patrimoniale per le quote di stipendio legate all’andamento della banca e non più erogate dal 2013. Anche per i dipendenti verrà richiesto un danno morale pari al 30%. Un danno patrimoniale verrà richiesto per gli obbligazionisti forfettari, pari alla differenza tra il valore d’acquisto dell’obbligazione e la cifra già percepita dal Fondo interbancario.
«Siamo consapevoli – scrive l’Associazione Dipendiamo Banca Marche – che la ricerca delle responsabilità del disastro non si possa esaurire con le eventuali condanne in questo processo. Così come il danaro necessario a risarcire tutti i danni provocati non possa provenire solamente dalle tasche di coloro che in questo processo saranno giudicati colpevoli».
«Se Banca Marche è stata acquistata per trentatré centesimi virgola trentatré periodico – si legge ancora nella nota – se molte agenzie sono state costrette a chiudere creando disagi notevolissimi nel territorio, se migliaia di lavoratori, artigiani, pensionati, piccoli imprenditori, famiglie hanno perduto una parte consistente dei propri sudatissimi risparmi, se circa 200 ragazze e ragazzi che dopo periodi di precariato aspettavano di entrare in Banca Marche sono stati invece licenziati, se centinaia di lavoratori hanno dovuto accedere al prepensionamento, se oggi tutti gli altri lavoratori di Banca Marche ancora in servizio sono costretti a lavorare in condizioni e con carichi di lavoro peggiori persino di quelli antecedenti le stagioni contrattuali degli anni Settanta, allora non basta dire solamente ”chi ha sbagliato deve pagare” se non si mette in atto anche la ricerca di soluzioni ‘politiche’. A fare pagare individualmente i colpevoli degli eventuali reati ci penseranno i giudici nei processi e, se la Magistratura è davvero indipendente, non occorrono le pressioni di alcun rappresentante politico. Dalla ‘politica’ ci attendiamo altro ed in questo senso Dipendiamo Banca Marche si sta muovendo».
Per questo, l’associazione chiede «che venga tolta la secretazione inserita nel decreto che ha portato all’azzeramento delle azioni e delle obbligazioni perché se la bad bank ha acquistato i crediti deteriorati di Banca Marche alla modica cifra del 17%, rientra nel comportamento di uno Stato di Diritto fare pubblicamente conoscere anche quanto la stessa bad bak ricaverà dalla vendita di quelle partite. E, una volta equamente elargita la bad bank per l’attività svolta, quei soldi dovranno tornare agli azionisti ed agli obbligazionisti, anche, eventualmente, attraverso uno scambio di azioni Banca Marche con azioni UBI». Si chiede inoltre che venga fatta «piena luce su comportamenti che ci sembrano poco chiari avvenuti nel corso del periodo di commissariamento di Banca Marche. Per questo motivo nello scorso mese di aprile un esposto è già stato inviato alla Procura della Repubblica, al primo ministro e al ministro dell’Economia».
Nei prossimi giorni le due associazioni, con la mediazione della Camera di Commercio di Ancona, cercheranno di avviare un tavolo di mediazione con gli imputati al processo e con Banca d’Italia per promuovere una trattativa che possa portare al riconoscimento di quanto perduto.
Al procedimento si costituirà parte civile anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, che lamenta una perdita di circa 100 milioni di euro tra capitale sociale annullato e obbligazioni subordinate evaporate. Tra i danneggiati anche le altre tre Fondazioni bancarie ex socie, quelle della Cassa di Risparmio di Pesaro, della Cassa di Risparmio di Macerata e della Cassa di Risparmio di Fano.