ANCONA – Lei si chiama Laura Viezzoli, è anconetana – di Collemarino – ma vive da tempo a Milano, dove ha ultimato un master, specializzandosi in regia e produzione alla Scuola del Documentario di Milano. Viezzoli ha lasciato le Marche a 19 anni, per trasferirsi a Bologna, dove ha studiato Scienze della comunicazione al Dams, ma confessa: «Nella mia terra torno spesso, mi manca quella bellezza rilassante».
L’ultimo lavoro di Viezzoli (prodotto da Ladoc e Rai Cinema col contributo del Ministero della Cultura) si chiama Quando tu sei vicino a me ed è un docufilm ambientato alla Lega del Filo d’Oro di Osimo, in provincia di Ancona. Una pellicola su cui si sta discutendo della distribuzione nelle sale o in streaming, che illustra agli spettatori una realtà che pochi raccontano. Una realtà che esiste e che va mostrata. Storie di persone che vivono, ascoltano e comunicano, talvolta con modalità diverse, sì, ma i sentimenti – in realtà – sono quelli di sempre.
Viezzoli, lei è una regista, ma ai film preferisce i libri…
«La lettura mi fa entrare in mondi immaginari. Il libro è la massima libertà visiva che lo spettatore può avere».
Quindi, presto si cimenterà nella scrittura…
«No (ride), non riuscirei a scrivere un libro, è un lavoro troppo solitario. Guardi, io sono solo una spettatrice cinematografica rispetto alla lettura, perché poi amo il contatto con le persone. E fare film me lo consente».
A proposito di film: nell’ultimo, interagisce con persone sordocieche e con vari deficit. Come è riuscita a metterli a proprio agio?
«Ho usato con ognuno un approccio diverso. Ho trascorso diversi mesi in osservazione, senza telecamera. Li guardavo, li ascoltavo, ci parlavo. E ora con Paola, una delle protagoniste, siamo amiche. Mi ha svelato che si può vedere col cuore e con le orecchie, non necessariamente con gli occhi».
Una pellicola diversa che tocca temi profondi…
«Sì, un film difficile: non ha un tema politico e non parla di grandi avventure. Ma affronta la diversità rispettando i protagonisti. Siamo in un mondo veloce, c’è sempre meno spazio per la scoperta della diversità e la conoscenza dell’altro».
Cosa le rimane di Quando tu sei vicino a me?
«La nostalgia: vorrei tornare là. Durante la lavorazione, ho riscoperto il senso dell’accoglienza. E non parlo di carità, ma di ascolto, interazione, comprensione, di bisogno di conoscersi nel profondo».
Durante le riprese, una delle protagoniste le chiede: “E tu, come reagiresti se perdessi la vista?”. Risponda.
«Mi sentirei totalmente smarrita. Filmando, ho iniziato a guardare le bellezze del mondo con occhi diversi. È dura non poter vedere. Tante cose ci sembrano ovvie nella vita, c’è bulimia di immagini, siamo sovra-stimolati. Invece, dovremmo accorgerci di più di ciò che ci circonda».
In un’ora di film c’è l’essenza della comunicazione, non solo verbale. Una comunicazione che, paradossalmente, è più difficile oggi, malgrado i social e le chat…
«Si comunica da vicino, stando attenti a chi hai davanti. A volte, nella vita quotidiana, per la strada o in famiglia, non succede. Nel film ci si arrabbia, ci si scontra, ci si vuole bene: è questo il fascino della vita».
Senta, molti giovani sognano il cinema. Dia loro un consiglio…
«Per entrare in questo mondo, bisogna leggere molto. La lettura è la forma cinematografica più intensa. Poi, occorre conoscere le lingue, soprattutto se nasci in Italia. Scegliete scuole adeguate e studiate tanto. Se questo è il vostro sogno, lottate, anche a costo di fare più lavori per realizzarlo. Ah, sa qual è la cosa più importante?».
Dica…
«Osservare la realtà, anche solo camminando per strada. Siamo un po’ tutti col cellulare in mano e invece dovremmo lasciarci meravigliare più spesso dalla quotidianità».