ANCONA – Non solo donne, ma anche uomini e soprattutto ragazzini. Il revenge porn (o vendetta pornografica, per chi “mastica” meglio l’italiano) è una questione trasversale che colpisce un po’ tutte le età e i sessi. Quella che in passato era solamente una pessima condotta, ormai è finalmente un reato. La commissione Giustizia ha infatti dato il via libera all’emendamento che prevede la reclusione da 1 a 6 anni per chi diffonde immagini o video privati a sfondo sessuale senza il consenso della persona ritratta o filmata.
La stessa pena spetta anche a chi, anche se non ha scattato o girato immagini e video, li ha ricevuti o acquisiti e poi li diffonde senza il consenso delle persone rappresentate.
Pena aumentata quando i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, da un ex o da una persona che è stata legata da relazione affettiva a quella offesa: in questi casi si applicano le aggravanti e quindi la pena è aumentata da un terzo a metà, anche nel caso in cui la vittima sia in condizione di inferiorità fisica o psichica o se si tratta di una donna in stato di gravidanza.
Il primo passo è la querela da parte della persona offesa, che deve sporgerla entro 6 mesi da quando è venuta a conoscenza del fatto, mentre nei casi più gravi si procede d’ufficio.
Una legge nata in seguito ai numerosi casi balzati all’onore delle cronache, il più clamoroso dei quali è quello di Tiziana Cantone, la donna napoletana suicidatasi nel 2016 dopo che l’ex fidanzato aveva diffuso in rete, a sua insaputa, un video hot che la ritraeva durante un rapporto orale. Una ingiustizia che oggi verrà finalmente punita.
Sgombra subito il campo da ogni equivoco l’avvocato Corrado Canafoglia, dell’Unione Nazionale Consumatori: «Detenere foto o filmati a sfondo sessuale nel proprio pc o smartphone non è reato, lo diviene invece in caso di sua diffusione senza chiedere prima il consenso alla persona ritratta».
Ben diversa è la situazione quando si tratta di minori. Infatti, precisa il legale, «se a essere immortalati o filmati sono minorenni si può configurare il reato di pedopornografia, specie quando a detenere questo materiale sono persone adulte».
Nonostante il dibattito sul revenge porn si sia incentrato molto sul versante femminile, in realtà «è una pratica moto diffusa tra i ragazzini», spiega Canafoglia. «Un reato di cui però non comprendono la gravità né gli effetti – sottolinea il legale -. Nel 2016 a Senigallia ci fu il caso di un 18enne che aveva filmato il rapporto sessuale con la fidanzatina di 16 anni e mezzo. Dall’indagine era poi emerso che erano coinvolti molti altri ragazzi che frequentavano lo stesso istituto scolastico. Una condotta che non percepiscono come problema, non comprendono gli effetti devastanti sulla vittima. Occorre far capire loro che la tecnologia amplifica e che può danneggiare in questo modo gli altri. Quella che all’apparenza può sembrare una cretinata è invece un reato».
Gli adolescenti di oggi si trovano molto spesso ad avere in mano uno smartphone con l’accesso al web e alle chat, senza avere la consapevolezza dei rischi e dei reati in cui possono incorrere e senza averne, a volte, la piena maturità di utilizzo.
«I ragazzini pensano di poter diffondere con il loro cellulare foto esplicite senza rendersi conto di cosa stanno facendo – spiega Canafoglia -: chat e web si stanno sostituendo alla chiacchiere che un tempo si facevano al bar e sono diventati il nuovo veicolo della “vanteria” maschile».
IL COMMENTO DELL’ANALISTA FORENSE
«Un traguardo importante aver approvato la nuova legge» spiega l’analista forense e tecnico per oltre 20 procure italiane, Luca Russo. «Rattrista però vedere che ogni volta si debba arrivare a dover creare un ostacolo giuridico per poter frenare un atto che una persona dovrebbe capire già a livello morale che si tratta di errore. È un pò come dire non rubo perché altrimenti vengo arrestato».
L’analista ha seguito numerosi casi di questi tipo, specie tra minorenni. «Mentre tra adulti c’è la consapevolezza che la diffusione di foto e video è mirata a creare un danno, nei minorenni manca la malizia per premeditare una vendetta finalizzata a danneggiare: lo si fa per bravata anche se in realtà si creano dei danni ben più elevati perché ci sono delle conseguenze psicologiche che vanno ben oltre quelle dell’adulto perché è difficile gestire la vergogna a un età adolescenziale».
Meglio dunque non scattare foto durante i rapporti intimi, specie quando si tratta di ragazzini, è questo il consiglio rivolto da Luca Russo ai minori, anche perché come precisa «il 50% dei soggetti le divulgano». Niente foto sessualmente esplicite sul telefonino dal momento che c’è sempre il «rischio di perdita di dati o di condivisione delle immagini sui social semplicemente sbagliando un click».
IL PARERE DELLA PSICOTERAPEUTA – Un fenomeno sempre più diffuso quello dello scambio di video e foto pornografiche tra minorenni e con minorenni coinvolti, come conferma anche la dottoressa Francesca Mancia, psicoanalista Spi (Società Psicoanalitica Italiana) e psicoterapeuta infantile Tavistock Centro Ricerche di Psicoanalisi di Gruppo di Ancona.
«Stupisce il grado di superficialità di pensiero e la mancanza di controllo dell’aggressività che sottende il fenomeno. Condotte che si associano a dinamiche di bullismo e di sfruttamento dell’immagine, mostrando una elevata quota di aggressività e sfida del limite. Ciò che si riscontra con maggior frequenza tra i minorenni è il desiderio di emulare personaggi adulti trasgressivi e famosi, rappresentare scenari di tipo trapper, creare video autocelebrativi in banda. Possiamo pensare che vi sia nella mente dei ragazzi un desiderio di trasgressione confuso dai giovani con il raggiungimento del potenziale dominio di contesti difficili. Stiamo regredendo. Permane e forse si rafforza il dato della violenza e della pornografia associate al genere femminile anche tra i minorenni, il cercare di creare contesti di omertà a piccolo gruppo sfruttando un minore debole che non ha gli strumenti emotivi e cognitivi per difendersi evitando o denunciando i fatti».