ANCONA – Sei ore di accertamento durante il quale è arrivata anche una telefonata al numero di cellulare di Renata Rapposelli. Chi era? Cosa cercava? Gli inquirenti non hanno risposto alla chiamata ma hanno preso nota e sarà oggetto di indagine. È quanto successo oggi pomeriggio durante l’accertamento irripetibile sull’account Google della pittrice trovata morta il 10 novembre scorso in un fosso, a Tolentino. Alle 15, periti informatici, avvocati della difesa, carabinieri e il pm Andrea Laurino, si sono ritrovati nello studio osimano del consulente informatico Luca Rosso, nominato dalla procura per accedere alla mail e alla chat di Whatsapp della donna uccisa. Attraverso una sim card clonata, inserita in uno smartphone, è stato riattivato il numero di telefono della pittrice. Mentre si cercava di accedere ad un indirizzo gmail ritenuto importante per gli inquirenti, per risalire non solo alla posta elettronica di Renata ma anche alle geolocalizzazioni utili a tracciare i suoi ultimi spostamenti e a trovare il cellulare (mai rinvenuto in sede di indagine) prima di sparire il 9 ottobre e di essere ritrovata morta dopo un mese, è spuntato un secondo account Google, sconosciuto agli stessi investigatori. «In questo secondo account – riferisce Luigi Nicotera, il consulente tecnico nominato dalla difesa – è stato possibile accedere perché era collegato al numero di telefono. C’erano solo poche mail, risalenti al 2016. Niente di utile. Non è stato possibile invece accedere all’account su cui puntano gli investigatori, quello sul quale c’è la certezza che utilizzasse prima di morire. Non era collegato al numero della Rapposelli quindi non è stato possibile recuperare la password». L’accertamento dunque continuerà domani e ad oltranza fino a quando non saranno vagliate tutte le modalità possibili di accesso. «Nel caso non si riesca ad entrare – continua Nicotera – la Procura potrebbe chiedere direttamente a Google la password, se lo riterrà opportuno, ma serve una rogatoria internazionale perché Google sta negli Stati Uniti e la richiesta potrebbe non essere soddisfatta prima di sei mesi». La sim card clonata ha permesso intanto di scaricare gli ultimi messaggi arrivati su Whatsapp alla Rapposelli. «Solo quelli dopo la scomparsa – spiega Gianluca Reitano, l’avvocato di Simone Santoleri – perché non era stato fatto il backup. Sono per lo più messaggi di gruppi di preghiera. A nostro avviso nulla di rilevante». Simone e il padre Giuseppe non erano presenti all’accertamento irripetibile. Entrambi, gli unici indagati per concorso in omicidio, sono rimasti a casa a Giulianova.
Le indagini, a più di tre mesi dalla scomparsa della pittrice, sembrano essere a buon punto. In mano alla Procura ci sono più elementi che uniti insieme pongono gli inquirenti su una vicina soluzione del caso. Ad iniziare dalle testimonianze dirette, in particolare quella della farmacista di Tortoreto, sentita personalmente dal pm titolare delle indagini Andrea Laurino. La donna ha detto di averla vista attorno alle 16.30 in farmacia, il giorno della scomparsa (9 ottobre) dove era entrata per comprare un calmante. La tessera sanitaria di Renata non è stata però strisciata quel giorno. L’orario segnalato sarebbe però compatibile con delle immagini, riprese da alcune telecamere e in mano agli inquirenti (indiscrezione rilevata la settimana scorsa dalla trasmissione Quarto Grado ma non confermata e nemmeno smentita dalla procura dorica), relative ad una auto come quella di Simone e Giuseppe (la Fiat Seicento bianca) ripresa tra Teramo e Ascoli, lungo la statale 16, tra le 17 e le 19. Un orario in cui la pittrice, stando alle testimonianze di figlio ed ex marito, sarebbe dovuta stare a Loreto, dove Giuseppe dice di averla accompagnata poco prima delle 14.