ANCONA- «Le Marche non sono terra di insediamento mafioso ma ciò non significa che non ci sia spazio per fare affari». Sono le parole dell’On. Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia presente in Prefettura ad Ancona oggi, in tarda mattinata, per fare il punto sulla regione. Porto, traffici di droga, numero di collaboratori di giustizia, economia, sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani e ricostruzione post-terremoto sono elementi che impongono a istituzioni e forze di polizia di tenere gli occhi ben aperti. Questi indizi inducono a pensare che le Marche potrebbero essere una regione interessante per le mafie.
«In questa terra, il traffico di sostanze stupefacenti è consistente e dove c’è droga è difficile pensare che non ci sia interesse da parte di mafie straniere e italiane che ne detengono il monopolio – spiega l’Onorevole Rosy Bindi-. Certo, la crisi si è fatta sentire ma le Marche hanno una delle economie più solide del Paese. Il manifatturiero è serio e ben radicato, le imprese sono a conduzione familiare di lunga tradizione. Tutte le terre di economia forte sono a rischio di riciclaggio per questo ci sono delle indagini in corso». L’On. Bindi mette in guardia anche sul porto di Ancona e sui collaboratori di giustizia appartenenti alle organizzazioni mafiose. Nella regione il numero è elevato e ciò potrebbe rappresentare un vettore per l’insediamento mafioso come avvenuto in passato in altri territori. Tra gli elementi analizzati nel corso della riunione non poteva mancare la ricostruzione post-sisma.
«Siamo alla vigilia della ricostruzione post terremoto, arriveranno finanziamenti rilevanti e quindi è necessaria una forte vigilanza affinché le mafie non si accaparrino appalti attraverso i loro prestanome. L’obiettivo del Governo è di conciliare l’efficacia e la velocità degli interventi con l’assoluta impermeabilità della corruzione. Oggi il sistema di prevenzione e di controllo è più stringente che in passato. Il Paese ha imparato a sue spese con la ricostruzione dopo il terremoto de L’Aquila e dell’Emilia, e con l’Expo- afferma la presidente della Commissione parlamentare Antimafia-. Le mafie hanno imparato a fare i loro affari violando le leggi, sanno trovate i varchi. Serve maggiore vigilanza, maggior controllo e per questo faccio un appello alle istituzioni a non abbassare la guardia. Se continuiamo a cercare la mafia nel modo tradizionale non la troviamo, se invece cerchiamo le nuove caratteristiche che ha assunto, si possono avere risultati. La forza delle mafie non sta nell’uso della violenza quanto nella capacità di corrompere, minacciare, nella capacità di creare complicità. La criminalità di stampo mafioso non opera in questo territorio con la violenza ma attraverso strumenti finanziari capaci di penetrare nella sana economia locale. La mafia si combatte assicurando gli spacciatori di droga alla giustizia, resistendo al fascino dei soldi».
Durante i lavori in Prefettura, si sono tenute le audizioni del Prefetto di Ancona accompagnato dai vertici delle Forze di Polizia territoriali, dei Prefetti di Pesaro-Urbino, Macerata, Ascoli-Piceno e Fermo, e della Procuratrice della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona. «Questa riunione è stata di grande interesse. Abbiamo illustrato la situazione di Ancona e delle altre province marchigiane. Raccogliamo l’invito ad ascoltare e a tenere sotto controllo i segnali che possono farci capire la presenza di criticità. Al momento la situazione è monitorata» commenta il Prefetto di Ancona, Antonio D’Acunto.
«Dove c’è denaro può insediarsi la malavita. É importante la prevenzione e tenere gli occhi sempre ben aperti intorno a noi perché sono i piccoli segnali a farci capire che qualcosa sta accadendo» dichiara la Senatrice Donatella Albano.
L’On. Rosy Bindi, rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa, ha parlato anche del “diritto di Totò Riina ad una morte dignitosa” dopo che la Cassazione ha accolto il ricorso del difensore del capo di Cosa Nostra che chiedeva il differimento della pena o la detenzione ai domiciliari. A decidere sarà il tribunale di sorveglianza di Bologna. «A tutti i detenuti va assicurata una vita dignitosa. A noi risulta che Totò Riina sia curato in una struttura sanitaria d’eccellenza. Siamo contrari all’interruzione del 41 bis perché non sarebbe giusto nei confronti degli efferati reati ci cui si è macchiato. Inoltre sarebbe un segnale sbagliato perché Riina tornerebbe in una famiglia mafiosa, in un contesto mafioso. Lui è ancora il capo di Cosa Nostra e questo suonerebbe come un cedimento dello Stato nei confronti di un criminale che ha fatto molto male a questo Paese. Nel 25° anniversario della morte di Falcone e Borsellino non possiamo permetterlo e non perché lo Stato è vendicativo ma perché lo Stato è giusto».
Prima della missione ad Ancona, nei giorni precedenti la Commissione parlamentare Antimafia si è recata a Rimini e nella Repubblica di San Marino.