ANCONA – «Quando ho detto ai miei genitori che avrei fatto il gigolò, la presero malissimo. Ora invece hanno capito, mi danno ragione. E pensare che tutto è iniziato in una discoteca marchigiana». A parlare è Roberto Dolce, uno dei più famosi gigolò d’Italia. Lui, originario di Matelica (provincia di Macerata), si lascia andare a un’intervista senza filtri. Fisico statuario, moro e dagli occhi azzurri, lo raggiungiamo al telefono tra un incontro e un altro: «Guardi, io ora mi sto preparando. Possiamo sentirci tra una ventina di minuti?». Lo contattiamo all’orario concordato e Roy, questo il soprannome nell’ambiente lavorativo, ci spiega tutto.
Signor Dolce, com’è nata l’idea di fare l’accompagnatore per donne?
«Da giovane, intorno ai 20 anni, frequentavo le discoteche più famose delle Marche, dal Green Leaves al Babaloo, passando per il Lola».
E poi?
«E poi a un addio al nubilato mi si avvicinò una donna. Voleva far ingelosire il marito e mi offrì del denaro. L’avrei dovuta corteggiare in un locale, alla presenza del marito, affinché lei potesse capire se lui ci teneva davvero».
Davvero iniziò così?
«Giuro. Poi, feci una ricerca sul web e vidi che tutti i gigolò si mostravano a torso nudo, ultra muscolosi. E soprattutto gran parte di loro era indirizzata a un pubblico maschile. Quasi nessuno si presentava in giacca e cravatta per un target femminile. Da qui è nata l’idea e facevo il gigolò solo nei fine settimana. Col tempo, però, mi chiamavano anche le donne single, più propense a incontrare negli infrasettimanali e mi sono dovuto licenziare dall’azienda di famiglia».
Dove vive?
«A Matelica, ma ho un appoggio pure a Modena, visto che il 90% delle richieste arriva dal centro-nord: Veneto, Emilia, Lombardia, Piemonte».
L’eleganza prima di tutto…
«Sì, il maschio palestrato e depilato piace solo fino a un certo punto. E forse lo apprezzano più gli uomini che le donne. La donna non cerca solo il fisico statutario, vuole anche essere corteggiata. Guarda il fisico, ma anche l’orologio, la cravatta, gli abbinamenti giusti, le sopracciglia. E se gli uomini fanno tutto presto e veloce con una escort, per la donna ci vuole più tempo. La donna non si lascia andare se non c’è il desiderio. Devo essere bravo a dimostrarle che a me piace stare con lei, che sono attratto».
Quindi lei recita?
«In parte sì. Devi essere bravo a capire che tipo di persona è dai primi 7 secondi di telefonata e devi avere la prontezza di interpretare l’uomo che desidera. Insomma, devi eccitarti con il ruolo che fai e non sul palco in cui reciti».
Non sempre è facile, immagino…
«Se mi capita una persona che non mi piace esteticamente, cerco di eccitarmi con il mio ruolo da gigolò: il fatto che lei mi paghi, per me è una forte ispirazione di eccitamento. E magari una che non è così attraente a letto, in determinate posizioni, sa stupire».
Prima di fare il gigolò, cosa faceva?
«Lavoravo nella lavanderia industriale dei miei genitori. Facevo il rappresentante, l’autista e ciò che serviva. Quando decisi di cambiare vita, scoppiò un casino. Per me fu un salto nel buio. Un posto con lo stipendio assicurato per un lavoro a chiamata».
Quanto prende per un incontro?
«Beh, dipende».
Da cosa, scusi?
«Anzitutto, dalla simpatia della persona, dal viaggio che devo fare, dal bisogno della donna. Sono sempre gli altri che chiamano me, non io che chiamo loro. Il gigolò diventa una sorta di medico: ci vai se ha bisogno. E le donne che mi chiamano hanno spesso un problema da risolvere. Problemi che magari nemmeno si vedono».
Va bene tutto, ma paragonare un gigolò a un medico mi pare esagerato…
«Intendo dire che spesso le donne soffrono di astinenza sessuale o affettiva. O vogliono capire se sono sessualmente appetibili. Può capitare persino la ragazza vergine che vuole sbloccarsi, che vuole capire come si bacia o come si pratica del sesso».
Che tipo di donne la chiamano?
«C’è di tutto. Ogni martedì, ad esempio, mi vedevo con una signora di Finale Ligure. Poi, dal crollo del ponte Morandi, ci vediamo a settimane alterne. Ho avuto molta fortuna col ponte Morandi. Passavo sempre lì sopra prima del crollo, all’ora esatta del cedimento».
Torni sul punto…
«Sì, dicevo che c’è di tutto: per esempio la prossima settimana mi vedo con un’avvocata del nord che ha una causa nelle Marche».
Si è mai innamorato?
«Da giovane».
E ora?
«No, non sono il tipo. Il mio innamoramento dura un paio d’ore, ho molte infatuazioni, esci con quella che ti piace, ma poi torna tutto come prima. Non sono adatto all’approccio con le donne, al di là del mio lavoro».
In che senso?
«Nel senso che io faccio il gigolò per pigrizia, sono una preda, non un cacciatore. Il gigolò è un imbranato a cacciare, ma è abile a fare la preda, a costruire ragnatele e a fare marketing. Difatti sono diventato un imprenditore, ma resto comunque timido se devo approcciare».
Roba da non credere…
«Guardi che i gigolò sono in fondo un po’ patologici, hanno lati oscuri. Non sono latin lover come sembrano. Anzi, sono pure un po’ sfigati che si ergono a uomini alfa ma in realtà non lo sono. Hanno bisogno di colmare il narcisismo».
Ma lei fa parte di questa categoria...
«Sì, io sono un solitario, non ho amici o amiche, né hobby alternativi. Tutto ciò che faccio è inerente al mio lavoro. Quando non lavoro, lavoro molto di più di quando lavoro. Quando lavoro, prendo la macchina e incontro».
Perché scelgono lei?
«Perché garantisco alle donne la privacy. Non mando mai messaggi a nessuna dopo l’incontro. Pagano per vedermi sparire».
Che mi dice delle donne sposate?
«Che vogliono incontrarmi maggiormente durante la settimana o nel pomeriggio. Con le single, invece, c’è un’impennata di richieste durante le festività, a Natale, a Pasqua o quando hanno più tempo libero e non vogliono stare da sole. Io lavoro spesso anche il 24 e il 25 dicembre. E poi ci sono le vedove».
Come scusi?
«Sì, le vedove, ha capito bene. Hanno una concezione del tradimento forte: loro non tradirebbero mai il marito morto. Sono più fedeli al marito le vedove che le donne col marito vivo. Il gigolò non sostituirà mai il marito morto».
Lei è stato intervistato anche da testate nazionali: i vip l’hanno avvicinata?
«È capitato. Mi chiamò il marito di una giornalista del tg: voleva guardare sua moglie con un altro».
Di chi si tratta?
«Non ricordo. Ma le dirò di più: spesso i vip mi chiamano tramite altra gente per testare la mia affidabilità, serietà e riservatezza. Solo quando capiscono che sei una persona seria si lasciano andare».
In un mese, quanto guadagna?
«Tra i 10 e i 15mila euro. Io, tra l’altro, ho due entrate, una della mia agenzia (Gigolò.cloud) e una come singolo gigolò. Come se avessi due stipendi».
Ci paga le tasse?
«Ho avuto un lungo contenzioso (ancora in corso) con l’Agenzia delle Entrate. E da un anno e mezzo pago le tasse, sì».
Lei ha due agenzie di gigolò: consigli e requisiti per entrarci?
«Mostrarsi usando belle foto, essere solari, sorridenti, eleganti. Ok ad esporsi in alberghi, piscine, zone di lusso, in vacanza. Insomma, devi comunicare alla cliente che tu sei uno affidabile. Se iniziano a vedere foto amatoriali o selfie al bagno, lì ti giochi tutto. Le foto sono il 99% della scelta, poi c’è il nome e la descrizione».
Ha mai avuto richieste da uomini?
«Sì, ma ora declino. Inizialmente qualche lavoro blando l’avevo fatto: uscite con ragazzi, spogliarelli privati, ma ora basta. Ho altri gusti».
Anni fa, la Lega (così come alcuni partiti di sinistra) propose di riaprire i bordelli e legalizzare la prostituzione. Niente più pregiudizi, un freno alle malattie sessualmente trasmissibili e tributi sicuri. È d’accordo?
«No, secondo me significherebbe confinare quest’attività e ghettizzarci. Credo che questo sia un lavoro come tutti gli altri e che si dovrebbe avere la possibilità di avere un ufficio o un luogo in cui praticarlo, così come le parrucchierie o i centri estetici. Non c’è bisogno di riaprire i bordelli, ma di cambiare mentalità».