SIROLO – Il fucile da sub che ha ucciso Klajdi Bitri, 23enne, albanese, non è stato solo impugnato ma l’algerino Fatah Melloul, 28 anni, avrebbe scoccato il colpo facendo partire nella direzione della vittima il tridente già carico sull’arma subacquea. Era il pomeriggio del 27 agosto scorso quando, in via Cilea, si consumò il dramma. Lungo la strada si era creato un ingorgo di auto e c’era stato un battibecco tra l’algerino, la vittima e il gruppetto di persone con cui si trovava il 23enne.
Melloul, che era in auto con la fidanzata, aveva preso il fucile da sub con il quale si era avvicinato al giovane albanese colpendolo. L’indagato era poi risalito in auto per andarsene, senza rendersi conto – stando a quanto detto dopo l’arresto – che aveva ucciso l’albanese. I carabinieri lo avevano rintracciato in serata, a Falconara, di ritorno dalla spiaggia. Le novità sono emerse con il deposito finale dell’autopsia che il medico legale, incaricato dal pm Marco Pucilli, ha fatto nei giorni scorsi.
«Non vi sono elementi per ritenere che l’asta sia stata usata manualmente, sia correttamente agganciata al fucile che svincolata dallo stesso – scrive il medico legale Loredana Buscemi nella perizia conclusiva dell’autopsia – in quanto ragionevolmente non agevole nell’atto di colpire. Nel primo caso per l’ingombro dell’arbalete (il fucile) per intero, nel secondo caso per la difficoltà una volta impugnata l’asta stessa di mantenere la traiettoria rilevata nel caso di specie, alla stessa altezza, parallela al piano podalico (dei piedi)». Fatah avrebbe quindi impugnato il fucile già carico con la fiocina tridente, mentre si trovava ad una distanza compresa tra 80 centimetri e quasi due metri e mezzo dalla vittima. Conclusi gli accertamenti la Procura ha chiuso le indagini e ora l’indagato, che si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, avrà i tempi tecnici per chiedere attraverso il suo legale, l’avvocato Davide Mengarelli, o di essere sentito dal pm o di presentare una memoria difensiva.