ANCONA – Si è chiuso circa un mese fa il G7 Salute di Ancona, che ha avuto come focus principale anche l’approccio One Health a livello internazionale. Si è parlato di salute umana, ma anche – inevitabilmente – di ambiente, di informazione e di salute animale.
Ed è proprio su questo – sull’uso dei social nella professione medica – che si sofferma la dottoressa Maria Paola Cassarani, segretaria nazionale del Sivelp-Sindacato Italiano Veterinari Liberi Professionisti. Un rapporto che si è evoluto negli anni, quello tra informazione, comunicazione e medicina e di cui si sta parlando in tutta Italia alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno interessato Roma, con la morte di una 22enne durante un intervento di rinoplastica. Sulla vicenda, è stato aperto un fascicolo e la magistratura farà il suo corso.
Dottoressa Cassarani, in che modo l’utilizzo dei social media da parte dei professionisti medici potrebbe rivelarsi pericoloso?
«In passato, c’era una legge che regolamentava la pubblicità dei medici veterinari che a dire il vero era molto stringente. Oggi, invece, siamo equiparati ad aziende».
Cosa significa?
«Che eccetto il vincolo di non fornire informazioni fraudolente, si può fare tutto. Bisogna chiedersi se è giusto che un professionista medico-sanitario utilizzi una comunicazione da social con contenuti generalmente poco solidi dal punto di vista scientifico. Insomma, il linguaggio social è lontano dall’informazione medico-scientifica».
Se dico web?
«Sicuramente è un’ottima vetrina ma non consente di estrapolare il reale valore del professionista e talvolta si rischia di porre sullo stesso piano medici mediocri e medici bravi».
In che maniera la regolamentazione legislativa potrebbe porre un argine a pratiche comunicative scorrette, scongiurando la diffusione di informazioni fraudolente?
«Probabilmente, un ritorno al passato non sarebbe auspicabile vista la norma così restrittiva del tempo, ma predisporre un vademecum da rispettare ed un eventuale regolamentazione sui contenuti potrebbe giovare».
I veterinari libero professionisti, in tutto ciò, quale ruolo hanno?
«Fortunatamente la maggior parte dei veterinari libero professionisti utilizza questi mezzi per informare piuttosto che per fare cassa e vendere un prodotto al ribasso. Le nostre strutture sanitarie sono autorizzate e controllate secondo parametri severi per farmaci, sicurezza e requisiti strutturali. Il proprietario di animali da compagnia che frequenta le strutture veterinarie, qualora ritenga che il proprio animale non riceva un’adeguata prestazione sanitaria o la stessa abbia cagionato un possibile aggravamento di salute, ultimamente, ricorre facilmente a vie legali per richiedere un risarcimento. Chiaramente il nostro operato è sempre svolto come la legge richiede, acquisendo il consenso informato da parte del proprietario e secondo scienza e coscienza».
Cosa fa, in tal senso, il Sivelp?
«Il sindacato ha sempre invitato i liberi professionisti all’esercizio responsabile dei mezzi di comunicazione perché solo il rispetto dell’informazione può migliorare il messaggio che i veterinari mandano ai clienti (sia proprietari di pet sia titolari di azienda zootecnica), o alla filiera alimentare. Il veterinario coerente con la sua formazione scientifica e con la modalità di comunicazione è l’esempio del professionista che partecipa con responsabilità al progetto One Health che deve riguardare la salute in generale».