Ancona-Osimo

«Infranti i nostri sogni»: la lettera aperta dei calciatori dell’Us Ancona

«Crediamo in un calcio in cui non esistano certi personaggi» scrivono i biancorossi, ora tutti svincolati o già approdati in altre società

L'Ancona in un momento di festa

ANCONA – Aspettano ancora gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno. Ora tramite l’Assocalciatori hanno deciso di far sentire la loro voce e il loro dissenso, in merito ai pagamenti non effettuati, alle promesse tradite, a una stagione finita bene – ma non benissimo – sul campo, e poi gettata al vento dalla dissennata gestione in capo al presidente Tony Tiong. Che, infatti, ha pensato bene di vendere la società a Francesco Agnello. Sono i calciatori dell’Us Ancona che hanno giocato l’ultima stagione in serie C e conquistato la salvezza sul campo dopo la sterzata impartita ai risultati dall’arrivo di mister Boscaglia. Peccato, però, perché lo scorso 4 giugno è andato tutto in fumo: iscrizione sì, fideiussione pure, ma senza il pagamento degli stipendi. Così Covisoc e Lega Pro hanno sancito l’esclusione della società biancorossa dal prossimo campionato di serie C, lasciandola senza il cosiddetto titolo sportivo per partecipare ad altro campionato – al netto di improbabili ricorsi contro tutto e tutti – che non sia quello della terza categoria. Ancona, però, riparte con un’altra società dalla serie D, ma questa è un’altra storia.

Intanto c’è la lettera circostanziata dei calciatori dell’Us Ancona: «Siamo stati in silenzio per molto tempo aspettando inutilmente che le cose si sistemassero e ora che tutto è finito è giusto che la squadra faccia sentire la propria voce – scrivono –. È stata una stagione complicata sotto il punto di vista sportivo, conclusa con la sudata ma sicuramente meritata salvezza sul campo! Tutti noi insieme allo staff eravamo già proiettati alla stagione successiva facendo tesoro degli insegnamenti della precedente e mai ci saremmo aspettati quello che poi è successo. Quel maledetto 4 giugno è stato per tutti noi un fulmine a ciel sereno, ovviamente sapevamo dei ritardi degli stipendi ma ci erano stati garantiti (a ‘parole’) dal presidente e dal direttore generale i pagamenti alla scadenza». I calciatori dell’Ancona non ci stanno e fanno sentire forte la loro voce e il loro dissenso nei confronti di come sono andate le cose e di come sono stati trattati. Sì, perché anche il nuovo proprietario dell’Us Ancona, Francesco Agnello, dopo le ripetute promesse di Tiong, ha dichiarato tramite i suoi portavoce che avrebbe pagato quegli stipendi. Evidentemente, però, non è arrivato un euro.

«Quel giorno sono stati infranti i sogni di noi calciatori che avremmo voluto continuare a indossare quella storica maglia, i sogni di ogni tifoso che in tutte le partite aveva dimostrato un attaccamento viscerale alla propria squadra, i sogni di coloro che all’interno della società si sono sempre comportati con impegno e onestà. Non va mai dimenticato che dietro ad ogni giocatore c’è una persona, magari un ragazzo alla prima esperienza lontano da casa, o un ragazzo che ha richiesto il mutuo per la prima casa, oppure un padre con figli da mantenere. Quello che è successo ha creato un grande danno a tutti noi, oltre agli stipendi che non sappiamo quando saranno pagati si sono volatilizzati i contratti per la prossima stagione o, semplicemente, la possibilità di giocare per questa squadra. Fortunatamente siamo seguiti e supportati dall’Associazione Italiana Calciatori che vogliamo ringraziare pubblicamente per la sua vicinanza. Sogniamo un calcio di cui non possano fare parte certi personaggi, ma probabilmente resterà solo e unicamente un sogno… Dopo l’ennesimo fallimento degli ultimi anni auguriamo all’Ancona e ai suoi tifosi di tornare a risplendere».

Una lettera appassionata e scritta da chi, pur in una stagione non certo esaltante, ha messo in campo tutto quello che ha potuto per la causa dell’Ancona. Conquistando una meritata salvezza – anche se solo per differenza punti con la Fermana –. Per poi ritrovarsi tradito, al pari di tutta la città, da una proprietà che non ha saputo (o voluto) fare la cosa più logica: prima pagare gli stipendi e iscrivere la società al prossimo campionato di serie C, onorando gli impegni assunti in precedenza, e poi, soltanto poi, metterla in vendita. Ma calcio e buon senso, evidentemente, non vanno sempre nella medesima direzione.