Ancona-Osimo

Sul caso dell’ “untore”, il monito di Luca Butini: «Il test Hiv salva la vita»

Parla l'infettivologo e presidente Anlaids Marche: «Una brutta vicenda, che tuttavia mette in luce anche il coraggio di una donna che ha denunciato, dando così il via alle indagini». E spiega come si esegue la Profilassi Post Esposizione, o PPE, terapia farmacologica che impiega gli antiretrovirali

L'arresto di Claudio Pinti
L'arresto di Claudio Pinti

Sapeva di essere sieropositivo da almeno undici anni, ma ha continuato ad avere rapporti non protetti senza informare del suo stato di salute né la sua attuale compagna, né tanto meno le partner occasionali frequentate nel corso degli anni. Claudio Pinti, 35 enne, di Polverigi, avrebbe avuto rapporti a rischio con oltre duecento donne, conosciute sia in chat, che nei suoi viaggi di lavoro come autotrasportatore in giro per l’Italia. La moglie, da lui contagiata, era deceduta nel dicembre scorso.

Claudio Pinti

In custodia cautelare presso il carcere di Montacuto, l’uomo è stato denunciato dalla compagna con cui conviveva da qualche mese. La donna, insospettita da alcuni malesseri fisici e da alcune chiacchiere sullo stato di salute del suo partner, decide di sottoporsi ad una serie di accertamenti clinici specifici presso l’Ospedale Regionale di Torrette. Dalle analisi è emersa la sieropositività della donna, che con coraggio non ha esitato a rivolgersi alla Polizia di Stato. La delicata indagine, che ha portato all’arresto dell’”untore” è stata condotta dalla Squadra Mobile di Ancona, capitanata da Carlo Pinto, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Sezione Reati di Genere, e guidata dai procuratori Irene Bilotta e Marco Pucilli della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona (IL VIDEO DELL’ARRESTO).

Dott. Carlo Pinto, Capo Squadra Mobile Questura di Ancona

L’uomo è accusato di lesioni gravissime dolose ai danni della sua partner. «Ora le indagini sono volte a scoprire nuove vittime, ignare di essere affette dal virus dell’Hiv», spiega Carlo Pinto, capo della Squadra Mobile di Ancona. Attraverso le analisi dei computer, tablet, telefonini e supporti informatici, sequestrati nell’abitazione dell’uomo, gli inquirenti stanno cercando di rintracciare le altre vittime dell’untore, in modo da poter iniziare la terapia antiretrovirale. A questo scopo chiunque abbia avuto rapporti non protetti con l’uomo può contattare il numero 071 2288595 della Polizia di Stato.

Da alcune indiscrezioni sembrerebbe che l’uomo avesse avuto rapporti non protetti anche negli ultimi giorni. In questo caso le vittime interessate dovrebbero iniziare la Profilassi Post Esposizione. Una terapia che «va eseguita il più precocemente e tempestivamente possibile – spiega Luca Butini, infettivologo dell’Ospedale Regionale di Torrette e presidente di Anlaids Marche – possibilmente entro le 24 ore dal rapporto non protetto e comunque non oltre le 72 ore».

La Profilassi Post Esposizione, o PPE, è una terapia farmacologica che impiega gli antiretrovirali. «La profilassi standard dura circa trenta giorni, dopo di che viene eseguito il test attraverso un prelievo di sangue che può essere effettuato presso i laboratori analisi degli Ospedali o dei centri privati – precisa l’infettivologo – consiglio di affidarsi a quelli dei grandi Ospedali, perché qui, oltre ad avere risposte in tempi rapidi, c’è anche il counselling», ovvero colloqui con personale esperto, prima del prelievo e al momento del referto. Un servizio, quello del counselling, utile non solo a stabilire se c’è stato realmente un rischio di infezione, ma anche per informare sui comportamenti sicuri e sostenere le persone risultate positive al test, informandole su tutte le opportunità sociali e sanitarie di cui possono eventualmente avvalersi.

Luca Butini, infettivologo e presidente Anlaids Marche

Una brutta vicenda, che tuttavia mette in luce il coraggio di una donna che ha denunciato, dando così il via alle indagini, ha dichiarato Luca Butini, presidente Anlaids Marche: «non è facile compiere questo passo, pubblicità non cercata e curiosità morbosa possono esserne effetti collaterali». Oltre all’apprezzamento per il gesto della donna Butini pone l’accento sull’importanza della diagnosi precoce: «Il virus dell’Hiv esiste ancora. Non bisogna abbassare la guardia. Perché la persona che ne è infetta e non sa di esserlo, oppure lo sa ma non si cura, lo può trasmettere, e in caso di rapporto con questa persona, ci si può infettare se non ci si protegge con il profilattico. Occorre fare il test Hiv, perchè il test ti salva la vita».

Rapporto sessuale non protetto, rottura del profilattico, contatto con liquido seminale o con secrezioni vaginali, sono i casi in cui è opportuno eseguire il test dell’Hiv e la relativa profilassi post esposizione se non si è certi della negatività della persona con cui si è consumato il rapporto. Un rischio che si può verificare anche in caso di sesso orale non protetto.

Oggi se l’infezione viene diagnosticata precocemente, le terapie antiretrovirali disponibili offrono un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione sana, ma a patto di iniziare subito le cure.

Le Marche sono al terzo posto in Italia per numero di diagnosi in relazione alla popolazione, mentre in Italia c’è una nuova diagnosi di infezione da Hiv ogni due ore. Unico dato positivo, che negli ultimi tre anni si è registrata una modesta diminuzione dei contagi, rispetto al passato.

Un contagio che avviene per trasmissione sessuale, attraverso rapporti non protetti. «Rispetto a qualche anno fa c’è una minore attenzione da parte dei giovani omosessuali maschi – sottoinea il presidente Anlaids – da un lato c’è la percezione che se si prende il virus esiste comunque una cura, anche se non consente la guarigione, dall’altro una difficoltà pratica, emotiva e concettuale nel chiedere al proprio partner di usare il profilattico. Inoltre i giovani lo usano poco, perché lo ritengono costoso». Un quadro aggravato dall’assenza di campagne informative. «Il fatto che si torni di parlare di Hiv solo in casi come questo dell’untore è triste. Si dovrebbe parlare anche dei successi della prevenzione e delle terapie», conclude Butini.