ANCONA – Le Marche si schierano nettamente a favore del taglio dei parlamentari approvando il referendum costituzionale. Tutte le cinque province dicono sì alla riduzione del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera dei deputati, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato (oltre alla riduzione a cinque dei senatori a vita). In regione, il Sì ottiene il 69,2% contro il 30,8% del No. In linea il dato nazionale (Sì al 69,6%, No al 30,4%).
Alta l’affluenza rispetto alla media italiana (66,39% degli aventi diritto rispetto al 53,84% registrato a livello nazionale), ma hanno certamente influito le concomitanti elezioni regionali e le amministrative in tre Comuni importanti (Senigallia, Macerata, Fermo).
L’entrata in vigore della riduzione del numero di parlamentari avverrà dopo lo scioglimento delle camere, o alla prima cessazione dell’attuale legislatura, e comunque non prima di 60 giorni dalla entrata in vigore della legge. Pertanto la modifica non ha ripercussioni sull’attuale Parlamento, bensì sulla formazione della prossima legislatura.
A livello provinciale, il pesarese si conferma un importante traino dei Sì, superando il 73%. Nel maceratese e nel fermano, al contrario, i favorevoli alla riduzione dei parlamentari si fermano attorno al 67% (anconetano e ascolano attorno al 68%). Relativamente ai Comuni, da segnalare il 60% per il Sì a Macerata e il 71% a Pesaro.
«La vittoria del Sì con percentuali mai viste in un referendum costituzionale dimostra come il Movimento 5 Stelle abbia portato nelle istituzioni quel cambiamento che da decenni i cittadini chiedevano», il commento del senatore pentastellato Giorgio Fede, che aggiunge: «Con la riduzione dei parlamentari, il cui numero finalmente si allinea a quello dei parlamentari eletti dal popolo presenti nelle maggiori democrazie europee, il Movimento insieme ai cittadini italiani inizia quel percorso di riforme dell’ordinamento del nostro Stato e delle sue istituzioni che continuerà nei prossimi mesi e anni con altre riforme costituzionali, come quella in itinere sull’estensione dell’elettorato per il Senato, e quella, conseguente alla riduzione dei parlamentari, di una nuova legge elettorale».
«È una battaglia che si doveva combattere e si poteva vincere se Salvini e la Meloni non fossero rimasti imbrigliati dalla loro demagogia e se il Pd non si fosse ridotto al ruolo di “utile idiota” del M5s Stelle e non si fosse sottomesso alla retorica antipolitica di Di Maio, che è l’unico vincitore», il commento del senatore di Forza Italia, Andrea Cangini, promotore dei comitati per No.