ANCONA – Arrivato ad Ancona mercoledì sera, si moltiplicano i messaggi di affetto per Gimbo. Non solo amici di una vita e compagni di squadra, anche le sue insegnanti lo ricordano con affetto. Quasi dieci anni fa, Gianmarco “Gimbo” Tamberi si diplomò al liceo scientifico Savoia di Ancona, dove frequentava la 5^C.
«A scuola – racconta Franca Pizzi, la sua prof di inglese – Gimbo era brillante e onesto. Di lui ricordo la sua vivacità, non era un secchione, però amava studiare la letteratura inglese. Qualche anno fa – prosegue Pizzi – mi ha contattato per avere dei consigli e migliorare la lingua, ma poi, complice l’infortunio, non se n’è più fatto nulla».
Tra i banchi, Gianmarco ci teneva a fare bella figura, soprattutto alle verifiche orali di inglese. Competitivo pure in classe, dove si è sempre battuto per i più deboli: «Non era un alunno che saltava sul carro dei vincitori. Tuttora, Gimbo è un ragazzo versatile e disponibile, con una spiccata personalità. Mi piaceva come si batteva per le cause giuste. In classe – sottolinea Pizzi – era amico di tutti. Solo una volta abbiamo avuto un diverbio: i miei colleghi mi consigliarono di dargli un rapporto, ma io non lo feci. Non è nella mia indole dare note».
Con Tamberi, la sua prof di inglese è diventata amica dopo l’esame di maturità: «Ci incontravamo al campo sportivo Conti, perché io sono una sportiva. E quando corro per la Cameranense e lo incrocio in macchina, lui d’improvviso fa retromarcia per salutarmi».
«Ci siamo scambiati dei messaggi subito dopo la gara e quasi subito mi ha riempito di cuoricini su WhatsApp. Non vedo l’ora di abbracciarlo» conclude Pizzi.
«Molto esuberante a lezione, ma educato e originale» fa sapere la sua ex professoressa di matematica e fisica, Orsola Caporaso. «Non andava male nella mia materia: in termini di valutazioni, viaggiava sull’8. A volte mi faceva un po’ arrabbiare per il suo carattere, però poi finiva tutto in risate. Lui era un caciarone, sempre in prima linea quando si scioperava. Una volta – racconta Caporaso – doveva illustrarmi una relazione di scienze. Si trattava di un esperimento che avevo assegnato e lo chiamai alla cattedra. Alla fine dell’interrogazione, sulla lavagna multimediale, per scherzare, mi fece la sua firma e disse: ‘Così, prof, avrà il mio autografo quando vincerò l’oro alle Olimpiadi‘». Quell’oro, nessuno lo sapeva, sarebbe arrivato qualche anno dopo.