Ancona-Osimo

Tra resistenza e avventura: l’anconetano Luca Regini in bici da New York a San Francisco

Con la sua Bianchi da corsa affronterà oltre 5mila km in una quarantina di giorni, passando anche per le strade del deserto tra Utah e Nevada. Lo abbiamo intervistato

Luca Regini

ANCONA – Partirà domani, 25 maggio, per Roma, poi in aereo il giorno dopo per New York per affrontare in bicicletta un incredibile coast to coast negli Stati Uniti. Partenza dalla Grande Mela e traguardo previsto dopo 42 giorni di fatica incredibile a San Francisco, quindi il volo di ritorno a New York con la bici nuovamente imballata per il rientro in Italia. Protagonista di questo viaggio-avventura a due ruote tra sport, endurance e turismo sarà Luca Regini, 63 anni, anconetano residente a Gallignano, giornalista del Corriere Adriatico da pochi mesi in pensione, grande appassionato di sport in generale e sportivo praticante da una vita, prima il calcio e poi le discipline di resistenza, dal podismo alla bicicletta. Tredici anni fa un viaggio simile in Canada ma molto più breve, stavolta gli Stati Uniti. Tra i 5.350 e i 5.500 chilometri da percorrere in sella alla sua Bianchi, da solo, portando con sé il minimo indispensabile. Ecco il suo piano e le sue sensazioni alla vigilia della partenza.

Luca, da quanto sognavi questo viaggio?
«Da tredici anni, da quando ne feci un altro in Canada e poi cominciai a progettare questo».

Quanti chilometri al giorno, in media?
«L’ideale sarebbe ogni otto o nove giorni farne uno di sosta, anche perché succede che ogni tanto la sosta può essere obbligata. Quindi ho previsto 38 giorni di pedalata, una media di 140 km circa, poi dipende da dove sono gli alberghi o le case private, perché in America c’è una community di ciclisti che offrono reciproca ospitalità gratuita e alcune notti le passerò così. Per il resto solo motel e piccoli alberghi. Di conseguenza le tappe vanno calcolate a che in funzione di dove dormo. Comunque tappe di non più di 190-200 km».

Bicicletta ed equipaggiamento?
«Bici tradizionale in acciaio, la mia Bianchi, con ruote sottili da corsa. Equipaggiamento leggero, 10-11 kg avendo una certa età cerco di recuperare sulla scorrevolezza della bici, per fare meno fatica. Bici più bagaglio e acqua dovrei stare sui 22-23 kg, di solito è difficile stare sotto i 35 kg, spero in questo modo di supplire alle carenze dovute all’età che avanza».

La cosa più difficile che ti aspetti?
«La distanza. Ho fatto al massimo viaggi di 16 giorni di bici, questi sono 38, quindi più del doppio. Questa è una cosa di cui non posso avere un’idea precisa, anche perché quando ho pedalato per 16 giorni avevo 50 anni, adesso i giorni saranno 38 e gli anni 63. In mezzo viaggi più brevi, da 7-10 giorni».

E le salite?
«L’ultima stima dice 35mila metri di dislivello, non tantissimi rapportati ai km da pedalare, ma siccome sono abbastanza raggruppate mi dicono di temerle. Ma più delle salite temo il vento, ci sono alcuni tratti che sono molto esposti, in particolare il Kansas e la prima parte del Colorado, e non ci sono colline, o ripari naturali e se batte il vento contrario, ma anche laterale diventa un problema notevole».

Domanda provocatoria: mai pensato a una bici a pedalata assistita?
«No, perché sarebbe impossibile, dovresti fare talmente tante ricariche che non sarebbe adatta a questo viaggio, quindi non m’è neanche passato per la testa. In generale non sono contrario, però, sono bici che allargano gli orizzonti di qualsiasi ciclista».

In questo coast tu coast a due ruote c’è posto per il turismo?
«Pochissimo, passerò a un centinaio di chilometri da luoghi turistici, ma non ho previsto deviazioni. Però quando si va in bici il turismo è permanente anche se non ci sono attrazioni da guida turistica, il contatto con le persone è un fattore importante e a cui si dà molto spazio».

Quanto tempo è stato necessario per la preparazione fisica?
«Ho intensificato le uscite in bici dallo scorso ottobre, fino ad aprile, poi maggio è stato un mese di riposo quasi assoluto, per scelta, per ricaricarmi. Da ottobre ad aprile una media di 1.200 km al mese».

In caso di guasti meccanici che farai?
«Per qualcosa di elementare ci penso da solo, per cose più serie si cerca il negozio più vicino. È un viaggio, non una gara, se devo fare 30 km con l’autostop li faccio, non mi squalifica nessuno. Qualche pezzo di ricambio ce l’ho con me».

E in caso di necessità quali contatti?
«Adesso con gli smartphone siamo tutti a contatto, avrò contatti con amici e famiglia molto stretti, nei posti più isolati avrò qualche blackout di mezza giornata».

Prevedi incontri pericolosi con alcuni animali, com’era stato in Canada con gli orsi?
«Negli Stati Uniti dicono di temere più i serpenti a sonagli che gli orsi, ma solo quando scendi dalla bicicletta, ovviamente. Diciamo che sono da temere di più le persone, perché in America succedono sempre più cose strane».

Altre zone particolari o difficili da attraversare?
«Il deserto, tra Utah e Nevada, dopo le Montagne Rocciose. Mai attraversato un deserto in bicicletta, dunque una novità, un po’ un’incognita ma anche una delle parti del viaggio che mi incuriosisce di più. Sono circa 600 km, ogni 130 km circa c’è un bar, nei giorni precedenti verificherò che siano aperti. E poi partirò la mattina presto con molta acqua. Ma non dovrebbe essere così caldo, visto che non è la Valle della Morte, qui siamo a 1.500 metri di altitudine».

Sarai «mediatizzato»?
«Su YouTube ogni giorno cercherò di postare un breve report della tappa, forse anche questa sarà una delle cose più difficili. E poi sulla mia pagina di Instagram dedicata al viaggio, che è luca.cycling.in.usa».