ANCONA – Tornano a soffiare i venti della recessione sul sistema produttivo. Nei primi nove mesi del 2018 la regione ha continuato a perdere imprese. Da gennaio a settembre, nelle Marche sono scomparse 1.162 aziende. A chiudere sono soprattutto le aziende del commercio (-717) e dell’agricoltura (-449). In calo anche le attività edili (-174) e manifatturiere (-292). Soprattutto del calzaturiero (-102), del mobile (-102), dell’abbigliamento (-48) e della meccanica (-30). In crescita i servizi (+528). In particolare le attività immobiliari (+118), le attività professionali (+108) e i servizi di alloggio e ristorazione (+80). Sono questi alcuni dei dati diffusi da Cna e Confartigianato Marche in occasione della presentazione di “Trend”, osservatorio integrato sull’artigianato e la piccola impresa marchigiana, realizzato in collaborazione con Ubi Banca, Istat e le università Carlo Bo di Urbino e Politecnica delle Marche.
È stato il professor Ilario Favaretto dell’Università di Urbino a presentare i risultati di “Trend”, un’indagine sui bilanci di 3000 artigiani e piccole imprese con meno di 20 addetti. «Nei primi sei mesi del 2018 – ha affermato Favaretto – il fatturato di queste aziende è aumentato dello 0,7 per cento, percentuale inferiore all’inflazione e in frenata rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente quando i ricavi erano saliti dell’1,8 per cento. All’interno del comparto manifatturiero i ricavi sono in crescita per il sistema moda del 5,7 per cento, mentre diminuisce il fatturato del mobile del 3,1 per cento. In calo anche i ricavi della meccanica del 2,7 per cento. Se l’incremento del fatturato per le piccole imprese marchigiane è modesto, non altrettanto si può dire delle spese per retribuzioni, aumentate dell’11,3 per cento mentre la spesa per i consumi sale solo dello 0,4 per cento. Purtroppo anche i dati, ancora incompleti, del secondo semestre 2018, lasciano presagire una ulteriore frenata dei ricavi, con il rischio che sul sistema produttivo marchigiano nel 2019 tornino a soffiare i venti della recessione».
«Le esportazioni delle nostre piccole imprese manifatturiere – ha spiegato il prorettore dell’Università Politecnica delle Marche Gianluca Gregori – hanno risentito degli effetti di delocalizzazioni e guerre commerciali. Particolarmente pesanti sono state le conseguenze del rischio dazi, della brexit, delle sanzioni alla Russia, delle turbolenze finanziarie. Il risultato è stato una diminuzione dell’export per le piccole imprese marchigiane dell’1,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Pesanti i risultati per il nostro export in Russia (-12,7 per cento) quasi tutto imputabile alle calzature, e nel Regno Unito (-11,4) mentre sono aumentate le esportazioni in Turchia (+7,6). Pressoché stabile l’export delle piccole imprese marchigiane verso l’Unione Europea e in aumento verso Francia e Germania».
Imprese che chiudono, fatturato in frenata ed export in calo. La tempesta perfetta. Come uscirne? Per i presidenti di Cna Marche Gino Sabatini e di Confartigianato Marche Giuseppe Mazzarella «serve uno sforzo congiunto di associazioni di categoria, Regione e istituti di credito, per sostenere la competitività delle imprese attraverso il sostegno e il finanziamento a innovazione, internazionalizzazione e creatività imprenditoriale». Un appello raccolto da Ubi Banca e Regione Marche. Secondo Roberto Gabrielli, responsabile macro area Marche Abruzzo Ubi Banca, «banche e Confidi devono sostenere gli investimenti sulle filiere del made in Italy e sul capitale umano e accompagnare le imprese nella loro presenza sui mercati esteri». «La Regione – ha dichiarato Manuela Bora, assessora all’Industria e all’Artigianato della Regione Marche – dopo aver attivato quest’anno bandi europei per 400 milioni, di cui 248 destinati alle imprese, ha in piedi un bando di 15 milioni per le filiere del Made in Italy che scade il 31 gennaio e investirà sulle piattaforme tecnologiche dove dovranno aggregarsi università e imprese».