ANCONA – Non solo indignazione social per la guerra, ma gesti concreti per aiutare chi, a diversi chilometri di distanza, ha a che fare con mitra, fucili e bombe sopra la testa. Sembra una storia dell’inizio del Novecento, ma purtroppo – lo sappiamo – è triste realtà.
Si combatte da circa dieci giorni, in Ucraina. I soldati dell’Est Europa – tra loro tanti giovani – mitragliano nemici: chi spara per avanzare ferocemente e chi per difendere la propria patria. Da Ancona, i coetanei di quei soldati si organizzano per portare un vento di pace.
Non solo bandiere e striscioni arcobaleno. Sono gli 899 studenti (e le studentesse) del liceo scientifico Galileo Galilei di Ancona, presieduto dalla professoressa Alessandra Rucci.
L’iniziativa è nata pochi giorni fa, dopo lo scoppio della guerra sul territorio ucraino. «Siamo stati noi rappresentanti d’istituto a divulgare un messaggio in cui chiedevamo di raccogliere cibo, aiuti e medicinali per i soldati ucraini e per chi scappa dalla guerra», sottolinea Giacomo Petrelli.
Prosegue il rappresentante studentesco: «Ci siamo adoperati con Don Michele, della parrocchia di Vallemiano, per raccogliere beni di prima necessità e ora ci stiamo informando persino con la Diocesi». Serviva tutto, fino a lunedì scorso: medicinali, prodotti per l’igiene, coperti, indumenti e prodotti per bambini.
Una 40ina gli scatoloni pieni di viveri, ma forse la solidarietà non basta mai. «La solidarietà – prosegue Petrelli – è stata tanta e non avremmo mai pensato di ricevere una risposta del genere. Tra l’altro, non eravamo adeguatamente organizzati, perché siamo in una fase emergenziale. Gli scatoloni? Abbiamo appoggiato tutto in presidenza».
«C’è stata grande risonanza. Un tam-tam a cui hanno risposto anche le famiglie degli studenti». Anche i professori hanno aderito, compresa la dirigente scolastica». I furgoni carichi di sacchi e materiali da destinare al popolo ucraino stanno partendo in questi giorni: uno, ad esempio, partirà domani.
Petrelli, poi si lascia andare a una riflessione personale: «Percepisco il senso della disuguaglianza e della disparità tra chi ha avuto la fortuna di nascere in un luogo dove ancora regna la pace rispetto a coloro che, invece, si sono improvvisamente ritrovati in una situazione catastrofica e di guerra. Il sentimento che prevale? La paura. Se penso che potrei esserci io, lì, a combattere».
Quei soldati hanno la sua stessa età: si spara già a 18-19 anni. Non è un caso che i cittadini maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni non possano lasciare il paese. Servono per formare l’esercito di resistenza. «Sarei spaventato, così giovane, a combattere per la libertà e per i miei valori. Voglio esprimere vicinanza e solidarietà a questa popolazione. Il Galilei – prosegue – oltre alle parole fa azioni concrete di raccolta solidale».
«Tutto questo ci indigna, chiediamo la pace: è assurdo, nel 2022, rischiare una guerra di portata mondiale solo perché non si è capaci di mediare in modo diplomatico».