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Ucraina, Vitaliy bloccato in casa a Kiev con la famiglia e la valigia pronta: «La notte non riusciamo a dormire, sentiamo le bombe»

Vitaliy, giovane 30enne, vive a Kiev con la sua famiglia, rinchiuso in un appartamento, con le valigie pronte. Il suo appello per aprire corridoi umanitari

Vitaliy e la sua famiglia, quando erano ancora chiusi nell'appartamento a Kiev

ANCONA – «La notte non riusciamo a dormire, sentiamo il rumore dei bombardamenti che si fanno sempre più vicini e le sirene suonano in continuazione. Abbiamo paura». Vitaliy è chiuso insieme alla sua famiglia in un appartamento a Kiev, in Ucraina. Dallo scoppio del conflitto, dopo aver trascorso i primi giorni nascosti in un bunker vicino alla sua abitazione, a 20 chilometri dalla stazione ferroviaria centrale, con la moglie e il figlioletto di 5 anni ha deciso di rientrare a casa, dove si sono attrezzati per trascorrere le interminabili giornate scandite dai colpi di mitragliatrice e dall’esplosione delle bombe.

La giovane coppia, poco meno che trentenne, commerciante di vini lui e designer la moglie, cerca di uscire dall’appartamento solo lo stretto necessario, giusto il tempo reperire l’acqua per dissetarsi, visto che quella del rubinetto non è più potabile, e per prendere il pane, generi «che vengono donati dagli imprenditori del posto. Qui c’è grande solidarietà – racconta -, ci aiutiamo l’un l’altro. Per adesso abbiamo ancora cibo in casa, ma i supermercati sono quasi vuoti e non so le scorte per quanto dureranno ancora».

La mamma di Vitaliy vive nelle Marche ormai da qualche anno, dove anche lui ha vissuto dal 2006 al 2009, avrebbe dovuto raggiungere lui e sua sorella che vive da un’altra parte della capitale ucraina, ma poi la situazione è precipitata e il viaggio non è più stato possibile ed ora la donna è in grande apprensione per i figli.

«La situazione è molto pericolosa – ci racconta al telefono – ed è molto rischioso uscire. Il sindaco ci avvisa con una App quando dobbiamo nasconderci, ma per ora io e mia moglie preferiamo evitare di ritornare nei bunker perché quelli che abbiamo vicino casa, quindi facilmente raggiungibili, non sono sicuri, mentre la metropolitana è troppo distante da dove stiamo noi. La città è quasi chiusa dall’avanzata russa, e ora con l’intervento della Bielorussia, entrata nel conflitto, sono ancora più forti».

Il “letto” sul pavimento dell’appartamento a Kiev dove dormno Vitaliy e la sua famiglia

Vitaliy ci racconta le difficoltà di muoversi nella città, i cui ponti sul fiume Nipro sono stati chiusi dal sindaco di Kiev e pattugliati dai militari ucraini per frenare l’avanzata delle truppe russe. Nell’appartamento la giovane famiglia si è organizzata per restare il più possibile in sicurezza: «Dormiamo per terra su un materasso, in un angolo della casa, abbiamo creato un piccolo bunker per restare lontani dalle finestre che in caso di esplosione potrebbero ferirci, e trascorriamo le giornate leggendo e giocando con nostro figlio».

Come avete spiegato la situazione al bambino? «Gli abbiamo detto la verità, che è in atto una guerra, sa esattamente cosa sta succedendo e ci chiede perché vogliono rovinare la nostra bella città». Vitaliy è molto preoccupato oltre che per la sua famiglia anche per sua sorella che vive da sola in un appartamento dall’altra parte del fiume, dunque non raggiungibile: «Ci sentiamo ogni tanto, ma a volte ci sono problemi di connessione e di rete telefonica che non ci consentono di comunicare».

Cosa ne pensi di questa situazione e cosa chiedi all’Europa? «Penso che l’Ucraina potrà cessare di esistere solo quando ci avranno ammazzato tutti, nessuno vuole vivere in Russia, perché è un Paese sotto dittatura. Ho una zia russa, che vive a Mosca con cui mi sento spesso anche in questi giorni, e lei è molto preoccupata per noi, mi dice che i russi non vogliono questa guerra, ma se provano ad andare in piazza per manifestare li arrestano. Ho anche degli amici che vivono in Russia e nessuno vota Putin, ma lui ottiene più del 90% dei voti, questo è molto strano anche per gli stessi russi».

All’Europa e all’Italia, Vitaliy chiede «di attivare corridoi umanitari per far uscire in sicurezza da Kiev donne e bambini perché in questa fase non è possibile uscire dalla città: la stazione dista a 20 chilometri e i ponti sono chiusi, per noi adesso è impossibile andarcene da qui. Io resto vicino alla mia famiglia per difendere mia moglie e mio figlio, ma anche la mia casa dallo sciacallaggio, per adesso siamo bloccati, non abbiamo altre soluzioni ed è impossibile venire in Italia, anche se lo vorremmo tanto».

Le strade sono sorvegliate dagli ucraini armati anche a difesa delle abitazioni, che alcuni scappati nelle prime ore hanno lasciato vuote. «Se attivano corridoi umanitari almeno possono far uscire dalla città donne e bambini, per arrivare alla frontiera con la Polonia, ma dobbiamo essere sicuri di potervi arrivare incolumi, per adesso questo non è garantito. Intanto siamo barricati in casa con le valige sempre pronte, con dentro acqua e vestiti caldi nel caso in cui dovessero bombardarci. Vogliamo andarcene di qua, prima che la situazione degeneri ulteriormente».

Cosa significa per voi questa battaglia? «È una battaglia per l’esistenza del nostro popolo come popolo libero e indipendente. Se Putin prenderà l’Ucraina non si fermerà qui, il suo obiettivo è ripristinare l’Unione Sovietica, annettendo anche i paesi nell’orbita russa come la Polonia».