ANCONA – L’estate scorsa era in tour con il monologo sul covid. Ora attraversa l’Italia lanciando bordate su Putin e la Nato. Giorgio Montanini e i temi d’attualità sono un connubio inscindibile. Una miscela esplosiva pronta a detonare da ogni palco. Le sue bombe, però, quando esplodono risvegliano le coscienze e puntano a far riflettere. Non uccidono, ma tengono in vita. Ed è per questo che adesso il suo mirino è orientato ad est, dove deflagra una guerra vera. Che miete vittime e dolore. Giovedì 31 marzo lo stand up comedian marchigiano sarà sul palco del Teatro Sperimentale di Ancona con il nuovo spettacolo “Undiceximo” (ore 20.45 – prevendite Vivaticket).
Montanini, l’anno scorso è stato accusato di essere un no vax. Adesso che affronterà il tema delicato della guerra le daranno del Putiniano?
«Facciamo subito chiarezza, io sono per la pace. A differenza di chi si proclamava un talebano della vaccinazione e adesso è pro-Ucraina. Io ho dentro di me la bandiera della pace, mentre Putin l’hanno voluto loro».
Loro chi?
«Ventitré anni fa, quando è andato al potere, mi pare che sia andato bene a tutti. Intendo ai paesi che oggi sono shockati da quello che sta accadendo. Prima Putin era l’uomo della democrazia post-Unione Sovietica. Adesso è un dittatore».
Quindi secondo lei c’è stata un po’ di confusione ideologica?
«Chi lo detesta oggi sono gli stessi che ballavano quando, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, veniva demolita la statua di Stalin. Putin è lo stesso di allora. Io l’ho sempre detestato».
Dunque questo suo nuovo monologo ha un forte connotato politico, giusto?
«Assolutamente sì. Ma anche quando parlavo di covid c’era di mezzo la politica, solo che il tema centrale era il virus. Un qualcosa di mutevole e intangibile, che non si sa bene ancora oggi cosa sia. Mentre la guerra fredda ce la ricordiamo tutti».
In tutto ciò come ne esce l’essere umano che lei spesso utilizza come parametro delle sue invettive?
«Ne esce a pezzi. Fa tenerezza, quasi compassione. Emerge un essere umano ipocrita e indottrinato. Vigliacco e servo del potere».
E il pubblico come la prenderà?
«Non lo so, stavolta veramente non lo so. Due anni fa ero sicuro che il pubblico sarebbe stato sempre dalla mia parte. È cambiata la presa di posizione».
Anche la sua?
«Mai. Prendendo posizione sul covid, alla mia maniera, ci ho rimesso tantissimo, in termini di amicizie e di lavoro. Ero considerato un no vax. Non mi chiamavano più a fare spettacoli. Mi insultavano».
Teme che con questo nuovo monologo ci possano essere altri tipi di ritorsioni?
«Avrei fatto un altro lavoro se avessi temuto le ritorsioni. Io dico quello che penso fino alla morte. Tutti gli altri comici, invece, sono filogovernativi».
E la nuova generazione di stand up comedians?
«Dove sono gli stand up comedian? I nuovi sono solo dei cabarettisti. Sono asserviti al pensiero comune. Sono artisti che la pensano come il 90% del resto della popolazione».
E i suoi compagni di Satiriasi?
«Hanno calato la maschera. C’è stato come un esame di maturità. Ora so chi ho davanti, prima non lo sapevo».
È rimasto solo?
«Artisticamente sì. Solo come un cane».
Si sente deluso?
«Più che deluso, stupito. Pensavo che su certi temi non si trattasse. Credevo che certi valori fossero impressi a fuoco nel dna di certi esseri umani. La libertà, l’uguaglianza. Niente, non è servito a niente».
Il cinema: tornerà anche sul grande schermo?
«Certo, in quattro mesi ho finito le riprese di tre film. In uno sarò co-protagonista insieme ad Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio. La regia è di Riccardo Milani e il film si intitola “Buon viaggio ragazzi”. Mentre negli altri due ho dei ruoli minori: in “Mia” di Ivano De Matteo c’è Edoardo Leo protagonista e io interpreto uno dei suoi migliori amici. Mentre il terzo film è “Castelrotto” di Damiano Giacomelli ed è interamente girato nelle Marche».
Ultimamente le da più soddisfazione fare il cinema?
«Sono due ambiti diversi. Sono felice di fare cinema. Lavorando sodo e con umiltà ho ottenuto dei bei risultati e ottimi riscontri. Posso ritenermi soddisfatto».