ANCONA – «Io mi vaccinerei anche oggi». L’infettivologo Andrea Giacometti replica così alle parole del virologo Andrea Crisanti, finito nella bufera per aver dichiarato: «Senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio contro il Covid».
«È un messaggio che non condivido – dichiara Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette – , si dovrebbe infondere coraggio nella popolazione». Il virologo Crisanti, intervenendo a Focus Live, il festival della divulgazione scientifica di Focus, aveva motivato la sua presa di posizione spiegando che «normalmente ci vogliono dai 5 agli 8 anni per produrre un vaccino» evidenziando che quello in questione sarebbe stato sviluppato saltando la normale sequenza Fase 1, Fase 2 e Fase 3.
Al coro di dissenso si aggiunge anche la professoressa Patrizia Bagnarelli, dirigente della Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona che afferma: «Voglio pensare che si sia espresso male, sicuramente appena ce lo proporranno lo faremo di certo». E ancora: «Non dubiterei sul vaccino anche perché è stato provato durante il periodo epidemico, una situazione non frequente per altri tipi di vaccino».
L’infettivologo Giacometti spiega «tutti noi dovremo correre un minimo rischio, perché con il vaccino non proteggiamo solo noi stessi, ma anche gli altri perché una volta sviluppati gli anticorpi non si è più in grado di trasmettere il virus». Insomma «il vaccino è una procedura che diventa altruistica» in quanto protegge anche le persone con cui si entra in contatto. Secondo il primario «tutti i sanitari ad Ancona aspettano il vaccino e quando arriverà lo faremo tutti: abbiamo un compito istituzionale che è quello di non contagiare gli altri».
«Posso capire – prosegue – che nella popolazione ci siano persone meno motivate a vaccinarsi, ma per i sanitari questo non è possibile anche perché corrono dei grossi rischi e anzi ci tengono a vaccinarsi e a proteggersi, soprattutto chi lavora nei reparti di malattie infettive e nei covid hospital: non bastano i dispositivi di protezione individuale, infatti tutti i giorni vediamo qualche sanitario che pur avendo usato tutti i dispositivi si è beccato lo stesso l’infezione. Le protezioni possono ridurre il rischio, ma non lo azzerano, anche il vaccino ridurrà del 90% il rischio, non lo azzera ma è una protezione in più».
Secondo l’infettivologo «mettendo sul piatto della bilancia il rischio di avere un effetto collaterale più o meno importante, con il rischio che corriamo tutti i giorni, il gioco vale la candela: in Italia sono morti più di 200 medici per il covid, nessun vaccino ha mai ucciso 200 medici in poco tempo, il virus invece sì, e tutti si proteggevano».
Giacometti consiglia la vaccinazione contro il covid in particolare ad alcune categorie: «Devono farlo assolutamente tutte le persone a rischio: quelle che hanno delle patologie polmonari, cardiache, metaboliche, poi tutti gli operatori sanitari». Per avere una buona protezione e bloccare la diffusione del virus «si pensa che una copertura del 65-70% dovrebbe bastare».
«Mi vaccinerei anche subito se viene certificato dall’Aifa (ndr Agenzia Italiana per il Farmaco)» dichiara il pediatra Giuseppe Pino Cicione, segretario provinciale della Fimp, Federazione Italiana Medici Pediatri. «Ad oggi i vaccini si fanno per le malattie gravi e per quelle per cui non c’è terapia, e il covid è una malattia grave per la quale non c’è terapia». Il pediatra aggiunge: «vaccinerei tutti i bambini, ma come successo per il vaccino influenzale si dovrà procedere per classi di priorità, e quindi si darà precedenza ai bambini con malattie a carico dell’apparato respiratorio, cardiaco, quelli immunodepressi e con sindromi malformative».