ANCONA – Il Centro diurno Alzheimer dell’Inrca festeggia i 20 anni di attività. Per l’occasione, in concomitanza con la settimana in cui si celebra la Giornata Mondiale Alzheimer, il 21 settembre è stato organizzato un incontro tra il Direttore sanitario Alberto Deales, le educatrici, le psicologhe e le famiglie di anziani con demenza, per rispondere alle tante domande sulla malattia. Inaugurato nel 1997, il Centro è stato il primo servizio semiresidenziale delle Marche dedicato ai malati di Alzheimer e ai loro familiari.
«Da oltre un ventennio – spiega Giuseppe Pelliccioni, primario dell’Unità di Neurologia dell’Inrca – la struttura rappresenta la prima originale e lungimirante risposta assistenziale ai bisogni espressi dalla comunità cittadina. Le attività si giovano del contesto naturale nel quale è collocato, in un parco con piante tipiche della macchia mediterranea, precursore dei più recenti giardini Alzheimer, luogo di sperimentazione delle terapie ‘green’, tra le più innovative tecniche riabilitative».
Le attività sono volte alla stimolazione delle attitudini della persona e comprendono l’arte-terapia, laboratori di memoria, coltivazione di fiori ed erbe aromatiche. «Per affrontare l’Alzheimer – continua – è fondamentale la creare un ambiente accogliente, rassicurante ma allo stesso tempo stimolante, curato, che valorizzi la persona e la faccia sentire a proprio agio, con mansioni creative che consentono il recupero della sicurezza e autostima, cosicché l’anziano le viva come divertenti e gratificanti».
Collocato al piano terra di Villa Gusso, sede amministrativa dell’Inrca, in via Santa Margherita 5, al Passetto di Ancona, ospita una ventina di persone al giorno. Particolare attenzione è rivolta al sostegno dei familiari, con la finalità di contenere il carico emotivo associato all’assistenza, tramite corsi di formazione e counseling.
In 20 anni il Centro ha seguito oltre 700 malati di demenza in fase iniziale e intermedia. I pazienti sono prevalentemente donne (72%), vedove (60%), con un’età media di 77 anni. I familiari-caregiver, coloro che all’interno della famiglia seguono il malato più da vicino, sono per lo più figli (49%), di cui il 60% donne. Grazie al supporto degli operatori, manifestano una minore ansia (70%), un minor senso di tristezza (41%), vivendo con più calma e serenità la convivenza con la malattia (58%).