Prosegue il programma di videoconferenze “Un nuovo rapporto con forze politiche e istituzioni: le istanze dei professionisti, le conseguenze economiche del Coronavirus, l’emergenza liquidità” promosso da Confprofessioni Marche per porre al centro le questioni che riguardano i lavoratori del settore nel periodo di incertezza economica correlata al Covid-19.
Il secondo approfondimento ha riguardato la relazione tra i professionisti e gli istituti di credito e, in questo ambito, la delegazione regionale della Confederazione italiana libere professioni ha incontrato Roberto Gabrielli, presidente della Commissione regionale Marche dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana).
Nel confronto, Confprofessioni Marche ha rinnovato il suo appello che riguarda sia le forze politiche e le istituzioni che le banche, in merito alla crisi di liquidità, per accelerare le pratiche di intervento su sostegno al reddito e finanziamento di professionisti, imprese, e persone fisiche del nostro tessuto economico e produttivo, gravemente danneggiate dall’emergenza coronavirus.
«Abbiamo lanciato un allarme perché le professioni rappresentano, per così dire, un ‘sensore’ molto attivo di ciò che sta succedendo all’economia del nostro territorio – ha affermato il presidente di Confprofessioni Marche Gianni Giacobelli –. Dal sondaggio che abbiamo effettuato tra i professionisti marchigiani le due misure principali di sostegno lasciano particolarmente insoddisfatti, il 68% degli intervistati ritiene la Cassa integrazione “inadeguata o molto inadeguata” e il 65% dà un simile giudizio riguardo al Fondo di garanzia delle Pmi».
In particolare, infatti, si è discusso delle criticità relative a quest’ultimo: «Nelle Marche ci sono oltre 200.000 soggetti interessati – ha aggiunto Giacobelli -, 168.000 aziende iscritte nel registro delle imprese e 39.000 liberi professionisti, e sono soltanto circa 24.000 le richieste al Fondo di garanzia».
Insieme all’ABI Marche, infine, sono stati trattati alcuni dei principali aspetti che stanno caratterizzando il rapporto tra professionisti, imprese e mondo bancario durante la pandemia di coronavirus, tra cui l’elevata concentrazione della richiesta di finanziamento fino a 25.000 € mediante il ricorso alla garanzia del Fondo Centrale (tra aprile e maggio le banche hanno ricevuto un carico di pratiche che, in periodi normali, si distribuisce in 7 mesi).
Gli incontri, in modalità di virtual meeting, rappresentano l’occasione per ribadire e discutere i risultati del sondaggio, a cui hanno risposto 900 professionisti, che riguarda i lavoratori del settore libero professionale e le criticità vissute durante la situazione pandemica del Covid-19.
Per i professionisti, infatti, le prospettive sono nettamente al ribasso: tra i dati più allarmanti che emergono, l’aspetto dell’emergenza sanitaria che ha più influito sul benessere individuale è “la chiusura o limitazione dei servizi” (37,8%) ma le difficoltà economiche sono un fattore di rilievo (28,3%).
Ancora più critica la posizione degli intervistati sulle misure di sostegno economico: una netta maggioranza lo considerano negativamente, con il 42,3% che lo ritiene “molto inadeguato” e il 39,9% “inadeguato”.
Giudizio simile in merito all’efficacia degli interventi di integrazione salariale, “inadeguata” per il 43,8% e “molto inadeguata” per il 24,9%, così come in ambito di finanziamenti garantiti dal fondo di garanzia Pmi (“inadeguati” per il 40,8% e “molto inadeguati” per il 24,6%). Anche a livello regionale, gli interventi per fronteggiare l’emergenza sono giudicati insufficienti, “inadeguati” per il 51,2% e “molto inadeguati” per il 20,1%. Complessivamente, poi, la prospettiva di ripresa della propria attività professionale è “negativa” per il 58,3% del campione, per quanto ancora un 20,8% la veda invariata, nonostante la crescente incertezza della congiuntura attuale e delle aspettative macroeconomiche future.
Più positiva per una ripartenza, invece, è la considerazione delle proprie capacità professionali e di quelle dei propri colleghi e collaboratori per far fronte a queste difficoltà: il personale del proprio studio “è adeguatamente formato ad affrontare le nuove problematiche post emergenza (privacy, accountability, rapporti con i clienti, etc)” secondo il 57,8% degli intervistati, anche se il 27,2% (“forse”) non ne è del tutto sicuro.