CAMERANO – Battuta d’arresto per il consumo dei vini rossi in Italia, sorpassati dai vini bianchi fermi. Il calo si registra anche in Europa mentre il consumo dei rossi cresce in Oriente. I cambiamenti di mercato impongono ai produttori di pensare a nuovi approcci e a nuove strategie di marketing. Basti pensare che i Millennials, cioè i nati tra il 1980 e il 2000, preferisco bere altro piuttosto che il vino rosso, in controtendenza rispetto alla generazione nata negli anni ’60. Ciò è emerso durante il convegno ‘Rosso come il vino’ organizzato oggi, 1 settembre, a Camerano dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) per il 50° anno della Doc del Rosso Conero.
L’economista Denis Pantini ha presentato l’analisi di Nomisma-Wine Monitor sugli scenari evolutivi del prodotto storico dell’enologia. Dall’indagine è emerso come la tropicalizzazione del clima contribuisca a cambiare anche gusti e abitudini al consumo di vino rosso. La domanda esplode a Oriente e cresce ancora in Canada e Usa mentre diminuisce in Europa e soprattutto in Italia. Nel nostro paese si registra un sorpasso storico: i consumi rilevati lo scorso anno vedono i vini bianchi battere i rossi: 40,6% per i bianchi fermi, 40,2% per i rossi fermi. I motivi sono da ricercare nella progressiva contrazione della domanda interna e il relativo calo delle vendite (-14%) registrato nell’ultimo quinquennio. All’estero invece va meglio in quanto negli ultimi 10 anni il prezzo medio è cresciuto del +50%. Secondo l’analisi presentata nell’ambito di Collisioni Marche, per vincere occorre spostare l’obiettivo più a Est, dove la domanda corre.
«Assistiamo a una repentina migrazione della domanda di vino rosso e alcuni nostri mercati storici sono depressi. In Germania negli ultimi 5 anni i volumi globali di rossi fermi importati sono calati del 7%, in Svizzera del 9% e in Gran Bretagna del 10%; allo stesso tempo volano quelli di Giappone (+26%), Cina (+25%) e Corea del Sud (+16%), oltre a Canada (+16%) e Usa (+11%)- riferisce il direttore di Imt, Alberto Mazzoni –. Anche per questo come Istituto marchigiano di tutela vini abbiamo intensificato l’azione sui Paesi terzi emergenti, destinando circa il 40% dei fondi della misura Ocm Promozione a Cina, Giappone, Russia e India, ma senza dimenticare Stati Uniti (34,5%) e Canada (19,3%)».
«Sebbene nell’ultimo quinquennio le dinamiche di crescita dell’export italiano di vini rossi imbottigliati siano state nettamente inferiori a quelle degli spumanti (18% contro 118%), questa categoria continua a rappresentare il 41% di tutto l’export in valore di vino dall’Italia, compresi gli sfusi. È tuttavia innegabile come sia sul mercato nazionale che in quelli più tradizionali europei (Germania e UK), i consumi di vino rosso stiano diminuendo mentre aumentano nei mercati asiatici, in Nord America e in Scandinavia. In questi paesi il vino rosso viene maggiormente apprezzato per motivi salutistici e per ragioni climatiche, inoltre è facilmente abbinabile alla cucina locale. In Cina invece, è maggiormente apprezzato per motivi scaramantici, si dice che porti bene- spiega Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor-. Questi cambiamenti di mercato implicano necessariamente modifiche nell’approccio e nelle strategie dei produttori di rossi italiani, il che non significa snaturare né il prodotto né le proprie tradizioni ma ragionare sul potenziale delle altre leve di marketing».
L’Italia mantiene la leadership mondiale nella produzione dei vini rossi mentre rimane dietro la Francia nelle esportazioni: 2,3 miliardi di euro di vendite dell’imbottigliato all’estero nel 2016 contro i 3,7 miliardi dei transalpini. Un divario rimasto quasi invariato negli ultimi anni, in cui però si è ristretta la forbice del prezzo medio a vantaggio dell’Italia: se nel 2011 un litro di rosso francese valeva in media il 35,6% in più di quello italiano, oggi la differenza si è ridotta al 20,7%. Tra i principali consumatori globali, la Cina consolida il primo posto con 16 milioni di ettolitri di vino consumati nel 2016, davanti a Usa, Francia, Italia e Germania, dove la domanda vale meno della metà rispetto alla Cina. Nel confronto Francia-Italia, tra le Dop stravince il Bordeaux che nel 2016 ha registrato un valore di 1,6miliardi di euro. Segue la Toscana con 531 milioni di euro, la Borgogna con 352 milioni di euro (con un super prezzo medio: 23,5 euro al litro), il Veneto a 272 milioni di euro e il Piemonte con 243 milioni di euro. Nei primi 5 mesi di quest’anno la Francia allunga le distanze con un export dei fermi imbottigliati a +19,4% sul 2016 e l’Italia a +4,4%. Nella top ten del consumo dei vini rossi italiani, le Marche sono assenti. Al primo posto si trova la Toscana seguita da Veneto e Piemonte.
«I vini rossi rappresentano la nostra storia. Il Chianti classico continua a crescere dal 2009. I consumatori sono molto attenti e sanno pagare in quanto riconoscono la qualità del vino- riferisce Giuseppe Liberatore, amministratore delegato Valoritalia-. I vini rosso hanno bisogno di avere una costante dinamicità. Nel caso del Chianti è stata messa in campo la ricerca per migliorarne la qualità ed efficienti strategie di marketing. I vini rossi hanno ancora delle grandi potenzialità e riusciranno a far avvicinare i Millennials».
Questa annata per i vini italiani è stata molto complicata sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo a causa della condizioni climatiche. Prima una gelata primaverile poi la siccità nei mesi estivi con temperature africane. Forse, se nelle prossime settimane dovesse piovere, la pianta della vite potrebbe recuperare e il grappolo maturare meglio.
«I vini rossi maggiormente risentono di questo andamento climatico. La vite è una delle pianti più resistenti ma con queste temperature non può fruttificare nel migliore dei modi. Parlare di questa stagione mi mette tanta tristezza. Ad oggi la vendemmia registra dati negativi in tutte le regioni e la situazione è ancora più pesante del -24% che abbiamo stimato qualche giorno fa. Aborro quando sento alcuni colleghi parlare di annata del secolo, è un’annata povera anche sul piano qualitativo: gli enologi non devono seguire logiche di mercato né cercare di indorare la pillola, non è utile per nessuno- afferma Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi-. Il mio non è un de profundis e sono tutto meno che catastrofista ma la situazione è questa e vi posso garantire che in Spagna e in Francia lo scenario è simile. In questo momento, a fronte di un innalzamento del grado zuccherino, riscontriamo comunque un’altissima acidità. E questo è molto anomalo».
«Questa annata difficile, calda e complicata deve far riflettere sul fatto che la viticultura va progettata, occorrono luoghi giusti e vocazioni giuste» commenta Federico Curtaz, enologo ed agronomo. In conclusione, il vino rosso non è un prodotto in crisi ma in alcuni ambiti regionali deve cambiare marcia per poter crescere ed essere maggiormente valorizzato e conosciuto.