ANCONA – «Solo fino a poco tempo fa gli uomini partivano dall’Ucraina per andare a lavorare in Europa, mentre donne e bambini restavano qua, adesso invece con la guerra ci siamo scambiati i ruoli: donne e bambini vanno in Europa, mentre noi uomini restiamo qui, in Ucraina, per cercare di difendere il nostro Paese». È diviso a metà il cuore di Vitaliy, 30enne ucraino, di Kiev, che solo pochi giorni fa è stato costretto a mettere su un treno la moglie e il figlioletto di 5 anni, per salvarli da una guerra che si fa di giorno in giorno più pericolosa. Ora lui si trova a Novograd-Volynskiy nel nord del paese, ma i bombardamenti si avvicinano e, come ci racconta, gli sembra di vivere «ogni giorno dentro un film di guerra».
Una vita sospesa, quella di questa famiglia, che come tante altre è costretta a separarsi: donne e bambini profughi per scappare alla morte, mentre i mariti restano nel Paese. Nei giorni scorsi Vitaliy ci aveva raccontato la paura, sua e della sua famiglia, costretta a restare nascosta nel piccolo appartamento a Kiev, dopo che sulla città avanzava inesorabile l’armata russa. Con l’apertura dei corridoi umanitari il giovane è riuscito a mettere in salvo la moglie e il figlioletto, che ora si trovano al sicuro in Polonia, a casa della mamma di lei. Anche la sorella è riuscita a scappare ed ora è in Italia a casa della mamma di Vitaliy che qua si è ricostruita da tempo una vita nell’anconetano.
«Quando siamo riusciti ad arrivare alla stazione centrale di Kiev – ci racconta al telefono – mi sembrava di vivere in un film sulla seconda guerra mondiale. Ho ancora impressa l’immagine delle persone che cercavano di scappare, dei poliziotti che aiutavano donne e bambini a salire sul treno, sento ancora gli spari e le sirene che suonano in continuazione. Un incubo, un’immagine bruttissima e molto triste che porterò sempre con me. La fuga di noi ucraini mi ha ricordato molto la Shoah degli ebrei».
Come sta la tua famiglia? «Loro stanno bene. Mio figlio ha iniziato a frequentare la scuola l’altro ieri, mentre mia moglie potrebbe riprendere il lavoro: è una designer di H&m e pare che l’azienda abbia annunciato di voler aiutare i dipendenti ucraini».
Vitaliy dopo aver messo al sicuro la sua famiglia, ha lasciato Kiev e si è diretto 200 km più a nord, verso il confine con la Bielorussia, nella cittadina dove aveva la sua residenza e qui ha chiesto di potersi arruolare, ma «al momento non è stato possibile», allora sta aiutando la Chiesa del suo paese. «Smistiamo e distribuiamo gli aiuti che arrivano da tutto il mondo, Italia compresa: cibo, vestiario, coperte e medicinali. Qui serve di tutto e io sono felice di poter dare un aiuto alla mia gente e ai miei amici che stanno combattendo».
Tu come stai? «Io per ora sono al sicuro, mi sento più tranquillo che la mia famiglia non sia più qui, a rischio, e quindi posso prendermi cura del mio paese. I miei amici e conoscenti mi raccontano delle città devastate dalla guerra, specie a Mariupol’ e nei paesi vicini. Mi raccontano di cadaveri in strada, non solo di poliziotti e di combattenti, ma anche di civili. Pochi giorni fa è morto anche un mio conoscente mentre stava combattendo, ci sono rimasto malissimo, ma ormai ci stiamo abituando a tutto questo e chi va a combattere sa che rischia di non tornare più a casa. Le bombe e gli spari non colpiscono solo obiettivi militari, ma anche ospedali, scuole, asili e le persone comuni. Questa è una guerra assurda e spietata, è senza senso».
Quanto pensi che durerà ancora la guerra? «Finché la Russia avrà aerei e bombe. Noi non possiamo difenderci dagli attacchi aerei, per questo chiediamo la no fly zone o armi che possano aiutarci a sopravvivere». Nella città di Vitaliy i bombardamenti non sono ancora arrivati, ma «le esplosioni si avvicinano sempre di più. Questa fase è molto complessa – spiega – perché i russi sono troppi e hanno bombe e armi: nessuno di noi è al sicuro, né in città, né in campagna, perché sparano senza una logica e senza rispetto per la popolazione. A Mariupol è già una catastrofe: ho una collega lì, sono senza luce, gas e senza rete, la città è isolata e sotto assedio. È una guerra da pazzi che sta distruggendo e radendo al suolo molte città, non so cosa potrà restare in piedi».