ANCONA- Superare la situazione di asimmetria numerica tra i Distretti Sanitari e gli Ambiti Territoriali Sociali. È quanto è emerso dal Rapporto 2018 “L’organizzazione dei Servizi Sanitari e Sociali Territoriali della Regione Marche” presentato nel pomeriggio di ieri (21 maggio) in Regione.
Un rapporto che ha fotografato nel dettaglio l’organizzazione del welfare sociosanitario marchigiano, nelle sue caratteristiche territoriali, nelle dimensioni dell’orientamento della domanda di salute e di partecipazione dei cittadini, nelle eccellenze e criticità e nell’integrazione tra servizi.
Obiettivi armonizzare l’organizzazione e la collaborazione tra i servizi sanitari e i servizi sociali, cogliere i bisogni del territorio per adeguare le risposte, organizzare e migliorare i servizi sanitari e sociali verso situazioni di fragilità come maternità, infanzia, anziani e disabili.
Un’indagine che ha coinvolto i Direttori dei Distretti Sanitari e i Coordinatori degli Ambiti Territoriali Sociali e che rappresenta l’esito conclusivo di un progetto di ricerca avviato nel 2017: “Indagine 2017 sui Distretti Sanitari e sugli Ambiti Territoriali Sociali della Regione Marche”.
«Una fotografia che si inserisce nel momento di avvio della fase partecipata del nuovo Piano Sanitario e del nuovo Piano Sociale – ha precisato il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli – che abbiamo deciso di mandare avanti insieme, facendoli dialogare fortemente fra loro ma tenendoli distinti perché volevamo dare ad entrambi pari dignità». Un lavoro di squadra tra il Servizio Sanitario Regionale e quello delle Politiche Sociali per portare avanti i due piani per evitare, come ha sottolineato il presidente regionale, che la parte sanitaria rischi di mettere in secondo piano «Il lavoro fatto sul versante sociale». Un piano che come ha sottolineato lo stesso Ceriscioli «È perfettamente in linea con l’indirizzo del governo nazionale», che prevede un sistema sanitario non ospedale-centrico, con un modello territoriale caratterizzato da una proposta «Molto spinta, nei percorsi di cura, nella presa in carico, nell’uso delle tecnologie per facilitare queste attività e nella rivisitazione del ruolo del medico di base», ha concluso il presidente.
Tra gli obiettivi del nuovo Piano Socio Sanitario Regionale, che partirà con una prima fase di confronto con gli stakeholder (i soggetti interessati direttamente e indirettamente nel progetto) già dai prossimi giorni, come ha precisato il Dirigente del Servizio Sanità regionale e Direttore di ARS Marche Lucia Di Furia, c’è quello di realizzare un piano compartecipato. Ci sarà un incontro per raccogliere prospettive, criticità emergenti e suggerimenti. Solo in un secondo momento verrà redatto il piano, la cui «bozza dovrebbe essere pronta entro l’estate, ma dipenderà anche dalle interlocuzioni che avremo nei prossimi giorni» ha sottolineato la dirigente.
«Il rapporto apre alla necessità di revisionare le relazioni territoriali tra distretto e ambito in una situazione nella quale siamo disallineati», ha spiegato la Di Furia. Nelle Marche, infatti, sono attualmente presenti 13 Distretti Sanitari (Pesaro, Urbino, Fano, Senigallia Fabriano, Jesi, Ancona, Civitanova Marche, Macerata, Camerino, Fermo, San Benedetto e Ascoli Piceno) e 24 Ambiti Territoriali Sociali (1 a Pesaro, Senigallia, Jesi, Civitanova Marche, San Benedetto e Fabriano, 2 ambiti a Macerata, Camerino e Fano, 3 ad Urbino e Ancona,2 ambiti e mezzo a Fermo ed Ascoli Piceno). Una situazione di asimmetria, sia dal punto di vista geografico che di programmazione dei servizi. Altro nodo critico il caso dell’Ambito Territoriale Sociale 24 che interessa la Comunità Montana dei Sibillini e che si divide in due Distretti Sanitari distinti, quello di Fermo e quello di Ascoli Piceno. Una situazione che non facilita nella gestione e nelle risposte ai bisogni assistenziali dei cittadini. L’ottica non è quella di eliminare gli Ambiti, ha precisato la Di Furia, ma di ragionare per «Cercare un riallineamento».
Un rapporto che ha messo in luce analogie e differenze di organizzazione fra Distretti Sanitari e Ambiti Territoriali Sociali, come ha precisato Stefano Ricci Dirigente P.F. Integrazione Sociosanitaria ARS Marche, due compagini che «Lavorano insieme da sempre in modalità molto diversificate in tutta la regione. Lo sforzo che la Regione sta facendo da anni non è tanto quello di unificare, ma di dare unitarietà e di governare questo processo, siccome abbiamo pochi dati con continuità abbiamo attivato due percorsi, uno è un monitoraggio semestrale sulle attività delle Unità Operative Socio Sanitarie, nelle modalità con cui lavorano insieme. Questa doppia ricerca aggiunge alcuni elementi rispetto ad alcuni aspetti che riguardano l’organizzazione interna dei due servizi, è proprio dal confronto fra queste che è possibile capire come migliorare il lavoro comune ma anche l’organizzazione dei singoli. Dato che uno degli elementi principali è il fatto che la non coincidenza territoriale renda più difficile l’integrazione tra sociale e sanitario, una delle ipotesi di lavoro è quella di ritornare ad avere questa coincidenza territoriale».
Migliorare le modalità di lavoro, attraverso il rafforzamento delle strutture unitarie di gestione tra sociale e sanitario, nell’ottica di una integrazione dei territori, sarà l’altro obiettivo del nuovo Piano Socio Sanitario.
Tre gli elementi chiave individuati da Stefano Ricci: la realizzazione di un punto unico di accesso sociale e sanitario per i cittadini, per creare modalità unitarie da Pesaro ad Ascoli Piceno, una valutazione integrata multidimensionale sociale e sanitaria a livello di distretto e ambito territoriale, e infine la presa in carico nella continuità assistenziale.
Due sistemi quello sanitario e sociale, che come ha spiegato Giovanni Santarelli Dirigente Servizio Politiche Sociali e Sport Regione Marche, hanno connotazioni organizzative profondamente diverse, «La sanità molto centralizzata su Asur e Regione, e il sociale molto decentrato su Comuni e Ambiti, nell’ottica di armonizzare i due sistemi abbiamo avviato una serie di ricerche, questa è la prima che riguarda l’organizzazione dei due livelli territoriali di programmazione a cui seguiranno interventi successivi che presenteremo sulle figure professionali, sia sociali che sanitarie, in modo da poterle accordare il più possibile, così che il cittadino, che per necessità è assistito per gran parte su servizi di carattere territoriale che sono in parte di competenza della sanità, in parte di competenza dei comuni, riesca a trovare un percorso che non gli crei confusione sulle competenze, ma che lo aiuti a trovare la risposta migliore ai suoi bisogni».