Ancona-Osimo

Welfare “plurale”: criticità e ruolo dell’assistente sociale nelle Marche

Un questionario online ha consentito di delineare la capacità di risposta di questa professione alle realtà presenti nel territorio in un contesto di funzioni e responsabilità in continua evoluzione. Ecco i dati dati che emergono dal Rapporto 2019

ANCONA – Famiglie e minorenni sono i principali utenti di cui si occupano gli assistenti sociali nelle Marche, seguiti da anziani e disabili. I bisogni primari dell’utenza sono l’ascolto e la consulenza psico-sociale. Tra gli aspetti critici nello svolgimento dell’attività lavorativa, invece, gli assistenti sociali marchigiani indicano i carichi di lavoro, lo sbilanciamento dei tempi lavorativi su aspetti amministrativo-burocratici e l’organizzazione del lavoro stesso. Sono alcuni dati che emergono dal Rapporto 2019 La professione di Assistente Sociale nelle Marcheche è l’esito conclusivo del progetto di ricerca “Indagine 2018 sulla professione di Assistente Sociale nella Regione Marche”, coordinato dall’Osservatorio Regionale Politiche Sociali – PF Integrazione sociosanitaria – ARS Marche, in collaborazione con il Servizio Politiche Sociali e Sport regionale e con l’Ordine regionale degli Assistenti Sociali.

Il Gruppo di lavoro ha predisposto un questionario online somministrato a tutti gli assistenti sociali marchigiani iscritti all’Ordine e ha gestito e organizzato alcuni focus group di approfondimento. Al Registro dell’Ordine risultavano iscritti alla data di avvio dell’indagine (maggio 2018), 1.196 assistenti sociali con le seguenti caratteristiche: 1.142 donne, pari al 95,5%; 54 uomini. La maggior parte degli assistenti sociali è compresa nella fascia d’età tra i 30 e i 50 anni, il 66,5%. Il 38,3% risiede in provincia di Ancona, il 22,2% nel maceratese, il 19,3% in provincia di Pesaro e Urbino, il 10,5% in quella di Fermo e l’8,8% nel territorio provinciale di Ascoli Piceno. Il restante 0,9% ha residenza fuori regione. Il questionario è stato inviato per email a tutti gli iscritti: 679 iscritti hanno risposto al questionario, 38 dei quali in maniera incompleta e non utile per l’elaborazione dei dati. In definitiva il tasso di risposta è stato del 53,6%.

Marzia Lorenzetti, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Assistenti sociali delle Marche

«Con questo report abbiamo riflettuto sulla capacità di risposta di questa professione ai bisogni e alle domande di un welfare che definiamo “plurale” – spiega Marzia Lorenzetti, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Assistenti sociali delle Marche – e che si muove nelle dinamiche di una società che articola in modo nuovo, priorità ed aspettative di singoli, famiglie e comunità. Per la prima volta questa ricerca ha consentito di avere una fotografia aggiornata dei professionisti e iscritti all’Ordine regionale delle Marche, che operano in questo territorio. La ricerca inoltre assume un’interessante rilevanza, in relazione all’approvazione, da parte della Giunta Regionale, della deliberazione sul nuovo Piano Socio-sanitario».

GLI ESITI DELLA RICERCA

Il primo e principale target di utenza di cui si occupa l’assistente sociale è quello della famiglia e dei minorenni, con il 41% dei casi esaminati. «Il processo di aiuto usato dall’assistente sociale all’interno di questa area è incentrato sulla tutela e sulla prevenzione del disagio individuale e familiare – si legge nel rapporto – ed è finalizzato al potenziamento delle risorse familiari, cercando di evitare la frammentarietà e l’unilateralità degli interventi». Questa area di utenza è seguita da quella degli anziani e da quella dei disabili, con il 37% ciascuna di interventi sociali dedicati, «per i quali è necessario un approccio globale ed integrato alla persona, che consenta la formazione di programmi di intervento individualizzati e continuativi. Integrazione, flessibilità e continuità sono pertanto le caratteristiche qualificanti dei servizi a favore degli anziani e dei disabili». Gli assistenti sociali si occupano inoltre di adolescenti e giovani nel 30% dei casi, di persone con problemi di povertà nel 24% dei casi e di persone con problemi di salute mentale o di persone con problemi di dipendenze, ciascuna nel 21% dei casi.

Le altre categorie di utenza sono persone con problemi connessi all’immigrazione (17%), detenuti e persone con procedimenti giudiziari in corso (14%), vittime di violenza di genere (14%). In questo ultimo caso «la costruzione di un rapporto di fiducia con l’assistente sociale è alla base per stimolare nella donna il pensiero del cambiamento, la possibilità di migliorare la propria condizione, di valutare i rischi di tale scelta. Alla donna vanno fornite informazioni sulle risorse disponibili, sulle possibili azioni a sua tutela, sui rischi per sé e per i figli. L’intervento del servizio sociale intende dare risposta ai bisogni di ascolto e accompagnamento della donna, per questo il segreto della donna maltrattata è sempre tutelato. L’assistente sociale sa di dover rispettare i suoi tempi: il percorso di uscita dalla violenza e di emancipazione dal partner violento è soggettivo e sovente procede a fasi alterne e con vari ripensamenti. L’atteggiamento professionale, partecipativo ed empatico, permette alla donna di considerare l’assistente sociale un punto di riferimento stabile, in grado di accompagnarla nel suo percorso di autonomia e libertà». Infine le altre categorie di utenza sono malati in cura e pazienti ricoverati in ospedale (9%), vittime di violenza generica (9%) e vittime di tratta (5%).

Nel questionario, i professionisti hanno anche indicato i principali bisogni dei cittadini e delle famiglie utenti. Il 57% attesta che il principale bisogno è di ascolto e di consulenza psico-sociale, il 49,2% riscontra difficoltà di disagio economico e il 44,1% di problematiche che interessano il nucleo familiare. A queste difficoltà si aggiungono un 26,8% di risposte che menzionano difficoltà occupazionali e un 21,2% di disagio abitativo. Ne emerge «un quadro regionale di difficoltà diffuse e pressanti che hanno, negli ultimi anni, segnato i territori marchigiani». Tra le problematiche specifiche il 34,1% di assistenti sociali ha indicato la non autosufficienza, il 20,3% l’esclusione sociale, il 15,8% la sofferenza psichica e il 14,3% le malattie croniche. Marginalità e povertà estrema vengono indicati come bisogni principali solo dal 9,1% dei professionisti, mentre risultano poco sentite, come priorità, le questioni inerenti le barriere culturali e comunicative, dal 7,1% e le barriere architettoniche, dal 4,8%.

Tra i bisogni emergenti e i mutamenti all’interno del servizio, l’incremento degli adempimenti burocratici primeggia con il 60,3% delle indicazioni e «questa tesi, la trasformazione graduale di una professione rivolta ad incontrare bisogni e aspettative dell’utenza e della comunità, in una occupazione anche, e, a volte, soprattutto di carattere amministrativo, è una criticità che viene evidenziata in maniera ricorrente. A fianco di questa criticità viene evidenziato, dal 58,1% degli aderenti all’indagine, l’aumento del lavoro di urgenza/emergenza, altra questione che preoccupa questa figura professionale. Per restare alle questioni critiche, il 38,9% afferma di avere poco tempo da dedicare alla progettazione sui casi e il 33,9% chiede di poter incrementare il lavoro di rete in integrazione con altri soggetti». Maggiori possibilità di approfondimento e di studio sui fenomeni nuovi che caratterizzano il tessuto sociale e il rafforzamento di competenze specifiche sono richieste, rispettivamente, dal 47,9% e dal 43% degli aderenti all’indagine.

CRITICITÀ

Ciò che è emerso dalle risposte pone al vertice delle criticità i carichi di lavoro, indicati dal 68% dei rispondenti e, a seguire, l’organizzazione del lavoro stesso, opzione selezionata dal 57,2%. Di rilevanza minore altre questioni come la retribuzione, indicata dal 28,1%, le mansioni assegnate, dal 23,1%, l’orario di lavoro e la conciliazione con tempi di vita selezionata, dal 19,4%, e la tipologia di contratto, evidenziata nel 18,8% dei casi. In riferimento al ruolo specifico di assistente sociale i risultati dell’indagine evidenziano, come principale elemento critico, lo sbilanciamento dei tempi lavorativi su aspetti amministrativo-burocratici, criticità indicata dal 51,8% degli aderenti alla ricerca. Tale questione problematica «non può non essere correlata alle enunciazioni precedenti riferite all’organizzazione e ai carichi di lavoro. La precarietà è sentita come un problema da poco più di un quarto dei partecipanti all’indagine, il 26,3%, e, a scalare, altre questioni come lo scarso riconoscimento nell’ambito del lavoro multidisciplinare (23,1%), gli stereotipi e gli immaginari collettivi (21,2%), la solitudine professionale(21%), quindi non vere e proprie criticità visto che nel 70%/80% dei casi non sono state ritenute tali».

«Una burocratizzazione cresciuta e ritenuta eccessiva e l’aumento del lavoro sulle urgenze/emergenze, – commenta Stefano Ricci, P.F. Integrazione sociosanitaria ARS Marche – non sono solo criticità della professione, ma un doppio indizio sul rischio di “snaturare” una professionalità trascurando, anche, il lavoro sulla/con la/per la “normalità”, che vuol dire investire sulla prevenzione. L’articolata elencazione dei “principali bisogni dell’utenza” (dal disagio economico all’esclusione sociale, dalla non autosufficienza alla sofferenza psichica…) evidenzia la consapevolezza, diffusa nei rispondenti, che si è costretti sempre più ad affrontare “multiproblematicità”, personali e collettive, con la dimensione familiare che, spesso, costituisce un fattore di aggravamento, anche se, invece, potenzialmente potrebbe e dovrebbe rappresentare una risorsa per aiutare la soluzione dei problemi».

Rapporto 2019 “La professione di Assistente Sociale nelle Marche”

Intervista a Marzia Lorenzetti, presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali delle Marche