ASCOLI PICENO – Una frode fiscale internazionale quella commessa da un noto brand del calzaturiero marchigiano. Obiettivo, diminuire il carico fiscale sfruttando le legislazioni estere. Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno si è adoperato nell’operazione “Vento dall’Est”, scaturita da una verifica fiscale eseguita nei confronti di una azienda picena, che ha fatto emergere una complessa ragnatela di società, anche di diritto rumeno, di fatto amministrate e riconducibili ad un nucleo familiare residente in un comune del fermano, che intrattenevano rapporti commerciali tra loro.
La società che si occupava del ciclo produttivo della calzatura, mediante l’interposizione di una Fondazione non avente scopo di lucro, era stata simulatamente delocalizzata in Romania al solo fine di sfruttare illecitamente i vantaggi derivanti dal minor costo della mano d’opera e della minore tassazione applicata in quello Stato, in violazione delle vigenti norme nazionali e internazionali in materia fiscale. Grazie a mirate analisi di rischio e all’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche per la tracciabilità e il controllo delle transazioni, i finanzieri hanno evidenziato una serie di indizi gravi, precisi e concordanti a comprova del fatto che la società straniera veniva gestita, sotto il profilo contabile, finanziario e decisionale dall’Italia.
Infatti, “l’influenza dominante” sull’azienda rumena si è concretizzata con l’assenza di una propria autonoma struttura decisionale, attraverso la redazione di contratti ad hoc con le imprese italiane e flussi finanziari limitati ad alimentare le strette necessità aziendali nonché con una pianificata emissione di fatture, anche allo scopo di “aggiustare” la situazione economico-patrimoniale della società italiana. In definitiva, attraverso dei veri e propri “schermi” giuridici, dall’Italia veniva gestita tutta la fabbricazione e la vendita delle calzature da parte della ditta straniera, motivo per cui i redditi conseguiti dovevano essere sottoposti ad imposta in Italia, stato di “direzione” e non, come è accaduto, in quello di “produzione”. La meticolosa ricostruzione delle operazioni economico-commerciali intercorse tra le imprese coinvolte, ha permesso alle Fiamme Gialle di constatare un reddito imponibile non dichiarato per oltre 114 milioni di euro ed un’imposta evasa di oltre 29 milioni di euro.
Sono stati denunciati – presunti innocenti – all’Autorità Giudiziaria i due amministratori di fatto, responsabili del reato previsto e punito dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, per omessa presentazione delle dichiarazioni per gli anni dal 2013 al 2018, che prevede la pena della reclusione da due a cinque anni. L’estensione delle facoltà e dei poteri riconosciuti per legge ai militari del Corpo in campo tributario a tutti i settori in cui si esplicano le proiezioni operative della polizia economica e finanziaria, conferma il ruolo primario della Guardia di Finanza, che grazie agli strumenti di cooperazione internazionale in campo fiscale e finanziario (come lo scambio automatico di informazioni), all’attività d’intelligence e all’analisi di rischio, può individuare sempre più agevolmente i contribuenti che si sottraggono agli adempimenti tributari previsti dalla legislazione nazionale.